Violazione della disciplina antitrust ed eccezione di nullità del contratto di fideiussione omnibus. Onere della prova della sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale e favor del legislatore per la conservazione del negozio giuridico.
Studiamo il caso.
Con provvedimento n. 55/2005, la Banca d’Italia ha accertato la violazione della normativa antitrust, da parte degli Istituti di credito nazionali, attraverso un’intesa anticoncorrenziale.
Segnatamente, oggetto dell’intesa, era la predisposizione di clausole uniformi, conformi allo schema ABI, inserite nei contratti di fideiussione omnibus da sottoporre al mercato, lesive della libera concorrenza, con conseguente nullità dei contratti a valle, frutto dell’intesa. Tra le altre, la Banca d’Italia segnalava come elusive della disciplina antitrust, la clausola di reviviscenza, quella di sopravvivenza e di rinuncia al termine decadenziale ex art. 1957 c.c.
Sul tema della nullità, totale o parziale, da cui risulta affetto il contratto di fideiussione omnibus, le cui clausole siano conformi a quelle segnalate dalla Banca d’Italia come elusive della disciplina antitrust, si è espresso recentemente il Tribunale di Milano, Sezione XIV specializzata impresa “A”.
La causa civile ordinaria veniva introdotta, da parte attrice, con atto di citazione ritualmente notificato alla controparte, per domandare il risarcimento del danno da condotta illecita, causato dall’Istituto di credito, convenuto in giudizio, previo accertamento della nullità e/o inefficacia delle clausole contenute nel contratto di fideiussione bancaria.
L’Istituto di credito si costituiva in giudizio, domandando il rigetto della domanda attorea, poiché infondata, in fatto ed in diritto e non provata.
Indice dei contenuti
A fondamento della domanda spiegata, parte attrice deduceva di aver rilasciato, in data 21.12.2010, a favore della società contraente, una fideiussione omnibus, a garanzia delle obbligazioni assunte dalla società medesima, in relazione ad operazioni bancarie di qualunque natura, già consentite o che venissero in seguito consentite, sino alla concorrenza della somma di 500 mila euro.
Secondo le deduzioni svolte dall’attrice, in particolare, nella fideiussione oggetto di causa, sarebbero state inserite clausole conformi allo schema ABI, non contrattate tra le parti, pertanto elusive della disciplina antitrust.
La quaestio iuris che il Tribunale è stato chiamato a risolvere afferisce ai limiti di estendibilità della nullità di singole clausole contrattuali all’intero negozio giuridico, ovvero al regime delle nullità parziali, disciplinate dal codice civile, che ben si contemperano con il principio generale di conservazione del negozio giuridico.
Con la sentenza pubblicata il 19.01.2022, il Tribunale di Milano si è allineato ai principi di diritto, consacrati, sul punto, dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza n. 41994/2021. Secondo la citata pronuncia, l’estensione della nullità, che colpisce la o le singole clausole, all’intero contratto, ha portata eccezionale, dovendosi annettere prevalenza alle esigenze di conservazione del negozio giuridico, ovvero all’assetto di interessi che, i contraenti, attraverso la stipula del contratto, hanno inteso tutelare.
Ciò, in piena aderenza alla lettera della disposizione di cui al primo comma dell’art. 1419 c.c., rubricato “Nullità parziale”, che recita:
“la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità.”
Sotto il profilo del regime probatorio, l’Organo di Nomofilachia precisa che è a carico della parte che ha interesse alla caducazione del contratto fornire la prova dell’interdipendenza del resto dell’accordo dalla clausola o dalle clausole nulle, restando, per converso, precluso al Giudice di rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto.
Muovendo da tali coordinate ermeneutiche, il Tribunale delle Imprese di Milano, afferma che, con riferimento al caso de quo, in assenza di rigorosa allegazione e prova del contrario, il fideiussore avrebbe in ogni caso prestato la garanzia, anche in mancanza delle clausole anzidette, dovendosi ritenere portatore di un interesse economico al finanziamento bancario.
In relazione ad ulteriore ma connesso profilo, il Giudice di Prima Cure precisa che la fideiussione omnibus per cui è lite risulta stipulata in data 21.12.2010, ovvero a distanza di oltre cinque anni dal provvedimento della Banca d’Italia.
Provvedimento, questo, che costituisce prova privilegiata solo in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, ma non anche dell’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, con riguardo alla fideiussione per cui è causa, sottoscritta in un periodo rispetto al quale l’Autorità di Vigilanza non aveva svolto alcuna indagine, avendo la relativa istruttoria coperto l’arco temporale, intercorrente tra il 2002 ed il maggio 2005.
Il Tribunale conclude, quindi, dichiarando che il provvedimento n. 55/2005 adottato dalla Banca d’Italia vale quale prova privilegiata solo in relazione alle fideiussioni prestate nell’arco temporale (2002-2005), oggetto di esame della Banca medesima.
Pertanto, parte attrice resta onerata dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art. 2 della Legge n. 287/90.
Violazione della disciplina antitrust ed eccezione di nullità del contratto di fideiussione omnibus. Considerazioni
Per tale via, la sentenza in commento, respinge tutte le domande attoree, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite, non ritenendo assolto l’onere probatorio gravante in capo alla stessa.
Segnatamente, il rigetto delle predette domande giudiziarie e di quella connessa al risarcimento del danno, viene motivato in relazione alla mancanza della prova di un’intesa, anteriore o coeva alla stipulazione della garanzia oggetto di causa, avente, appunto, come oggetto o come effetto quello di: impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza, all’interno del mercato nazionale degli impieghi bancari e attraverso la fissazione di specifiche condizioni contrattuali, in materia di garanzie fideiussorie.
La pronuncia del Tribunale di Milano appare degna di menzione non solo e non tanto nella misura in cui sposa principi di diritto, in tema di patologia del contratto, sub specie di nullità parziale e totale del negozio giuridico, espressi dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, quanto per l’attualizzazione di tali principi e la loro concreta applicazione al contratto di fideiussione omnibus.
In particolare, dalla sentenza in commento si ricavano due postulati di diritto (bancario):
nei contratti bancari, nel novero dei quali è sussumibile quello di fideiussione, tipica o atipica, la nullità parziale di singole clausole non vale ad inficiare l’intero negozio giuridico, sul presupposto per cui il fideiussore resta portatore di un interesse economico al finanziamento bancario.
Interesse, quest’ultimo, che sorregge il contratto di fideiussione bancaria, conferendo ad esso una precisa funzione economico-sociale, ovvero una causa tipica.
In un’ottica di bilanciamento di interessi giuridici contrapposti, quindi, va accordata tutela privilegiata a quello maggiormente confacente allo scopo del contratto, rappresentato, nei contratti bancari, dall’interesse economico al finanziamento, proprio del garante.
La caducazione degli effetti dell’intero negozio giuridico, in tale prospettiva, è subordinata all’assolvimento dell’onere probatorio, da parte di chi ha interesse all’invalidazione del contratto, avente ad oggetto, appunto, la compromissione dell’interesse superiore, al finanziamento.
Nel silenzio del Giudice di prima cure, in ordine ai fatti idonei a provare la sussistenza di intese restrittive della concorrenza, la casistica è destinata ad arricchirsi di contenuti.
Una serie di domande, tuttavia, si impongono all’interprete, anche meno attento: Il principio di irretroattività della Legge, secondo il cui tenore la Legge non si applica ai fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore, osta anche all’applicazione delle prove ai fatti successivi alla formazione delle stesse?
Per quale motivo, il provvedimento del 2005 adottato dalla Banca d’Italia non è utilizzabile come prova idonea dei fatti successivi alla sua adozione?
Ed ancora, che valenza verrà accordata a provvedimenti similari, adottati dalla Banca D’Italia, d’ora in avanti?
La Magistratura ha offerto esaurienti risposte a questioni di diritto, privilegiando scelte orientate alla conservazione dell’assetto di interessi che, attraverso il negozio giuridico, le parti hanno inteso tutelare e relegando nei meandri dell’eccezionalità la caducazione dell’intero contratto.
Tuttavia, sotto il profilo del regime probatorio, avente ad oggetto la violazione della disciplina antitrust, non indica i parametri né gli elementi validi, appunto, ad probationem:
Un vuoto legislativo, nel cui ambito gli Istituti bancari estendono il proprio potere contrattuale, andando esenti da responsabilità civile.