Il lavoro al femminile è un settore assai particolare in Italia. Infatti spesso è proprio l’universo delle donne lavoratrici ad essere quello più penalizzato dal sistema lavoro italiano e di conseguenza anche dal sistema previdenziale. La difficoltà a trovare lavoro per le donne, almeno stando alle statistiche, sembra superiore rispetto a quello dei colleghi maschi. Inoltre le donne per loro stessa natura sono quelle che più devono sacrificare carriera e lavoro per dedicarsi, nell’arco della vita, alla cura di casa, famiglia e figli. Lo Stato però qualcosa per le donne riserva, con alcune misure di favore, ma che il più delle volte risultano insufficienti.
Una pensione più alta dall’INPS per le donne che sfruttano la NASPI prima della pensione
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Una volta le donne, anche per la pensione di vecchiaia ordinaria, uscivano dal lavoro prima degli uomini. Da diversi anni a questa parte però l’età pensionabile della pensione di vecchiaia ordinaria è stata equiparata. E adesso non c’è più nessuna distinzione di genere. L’unico vantaggio che è rimasto per quanto riguarda le misure ordinarie di pensionamento è quello per la pensione anticipata ordinaria. Infatti le donne possono lasciare il lavoro senza limiti di età al raggiungimento di 41 anni e 10 mesi di contributi versati.
Per gli uomini è necessario un anno in più di contributi. Resta però una misura completamente dedicata alle donne, che si chiama opzione donna. Una misura che permette a chi ha raggiunto i 35 anni di contributi versati e i 58 anni di età entro il 31 dicembre 2021, di pensionarsi. Anche se la misura va in scadenza il 31 dicembre prossimo, non è azzardato ipotizzare che si possa arrivare ad un’estensione della misura o addirittura alla sua trasformazione da sperimentale in strutturale.
La penalizzazione di opzione donna e come fare per ridurne l’impatto
A fronte di questo grande anticipo in termini di pensionamento, che dai 67 anni della pensione di vecchiaia ordinaria scende a 58 anni, le lavoratrici devono accettare completamente il ricalcolo contributivo della prestazione. Questo significa lasciare 1/3 circa della pensione che si sarebbe dovuta percepire. Infatti si chiama precisamente regime contributivo donna proprio perché obbliga ad accettare il calcolo contributivo della prestazione. Proprio il taglio dell’assegno è la cosa che maggiormente ha inciso sulla scelta di molte lavoratrici che hanno preferito continuare a lavorare piuttosto che uscire prima dal lavoro e perdere molti soldi di assegno. Una soluzione che limita il danno sarebbe quella di anticipare lo stesso l’uscita, ma posticipando opzione donna di due anni.
Per fare questo lo strumento è la NASPI. Le lavoratrici che hanno almeno quattro anni consecutivi di assunzione, se vengono licenziate possono avere diritto fino a 2 anni di disoccupazione indennizzata INPS. Con la disoccupazione l’INPS oltre che erogare denaro a copertura del periodo di non lavoro, prevede anche la copertura di contribuzione figurativa. In questo caso i due anni di disoccupazione possono tornare utili non per i requisiti di opzione donna, ma per il suo importo. I figurativi non valgono per i 35 anni di contribuzione. Contributi che possono essere utili per aumentare l’importo della pensione per quante hanno completato i 35 anni senza i due anni di Naspi che diventano solo aggiuntivi. Inoltre allontanando di due anni l’uscita, prenderanno una pensione più alta dall’INPS le donne per via dei coefficienti che si utilizzano per trasformare il montante contributivo in assegno pensionistico.
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