Siamo ancora nel pieno della pandemia Covid 19 e, guardando al 2020, ci rendiamo conto che l’esperienza dei lockdown ha segnato profondamente molti di noi. Il non poter interagire direttamente con i nostri amici è sembrata una limitazione quasi più dura della malattia stessa. La solitudine ha esacerbato ansia e depressione, ci ha reso vulnerabili. Uno studio pubblicato nel 2016 (Donovan NJ et al, 2016) ha evidenziato come la solitudine acceleri il declino cognitivo. Allo stesso tempo la demenza è spesso associata all’isolamento dei pazienti.
Non appena è stato possibile rivedere le persone care, grazie ai vaccini, tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. In fondo, se volessimo trovare qualcosa di positivo nella pandemia, lo troveremmo nella riscoperta delle nostre priorità e necessità. L’amicizia probabilmente è una di queste. Ora la scienza ci suggerisce come le amicizie possano essere anche importanti per il nostro benessere psicofisico. Un toccasana per il nostro cervello e chi soffre di Alzheimer, infatti, sono le persone con questa importante e non scontata qualità.
Flamel e Perenelle
Indice dei contenuti
Secondo un racconto del XIV secolo, l’alchimista Nicolas Flamel e sua moglie Perenelle cercarono di decodificare le parole di un curioso libro. Dopo varie vicissitudini riuscirono a decifrare il messaggio in esso contenuto. Si trattava di una serie di istruzioni che, se seguite alla lettera, avrebbero permesso di creare un “elisir di lunga vita”. Questa storia è quasi certamente una leggenda. Nonostante questo, ci piace raccontarla, per il fascino che l’alchimia (oggi la chiamiamo chimica) e i segreti della vita (biologia) ancora esercitano su di noi. È una bella storia da raccontare a patto che ci sia qualcuno ad ascoltare. Come vedremo, questo legame tra longevità e ascolto ha un fondo di verità e potrebbe essere importante per il nostro benessere.
Un toccasana per il nostro cervello e chi soffre di Alzheimer sono le persone con questa qualità
In un articolo recentemente pubblicato (Salinas J et al, 2021), i ricercatori hanno sottolineato che se vogliamo costruire la nostra “resilienza cognitiva” (capacità di compensare i danni), dobbiamo circondarci di persone che stanno attente quando raccontiamo storie. Allo stesso tempo, se noi abbiamo a cuore la salute mentale di qualcuno, dobbiamo iniziare a essere dei buoni ascoltatori.
La resilienza cognitiva è la capacità dei processi cognitivi di essere meno suscettibili ai cambiamenti che avvengono nel cervello a causa dell’età o di una malattia. Alcuni studi suggeriscono che una rete sociale di supporto, potrebbe aiutare i malati di Alzheimer proprio aumentando la resilienza cognitiva.
Sembrerebbe infatti che avere qualcuno ad ascoltarci aumenti la neurogenesi (la crescita dei neuroni) e la plasticità neurale. In altre parole, l’amico che ci ascolta anche quando raccontiamo la nostra giornata o i trucchi per fare i calcoli a mente, quell’amico rappresenta un bene inestimabile (un tesoro) e contribuisce alla nostra salute mentale.