Nel lontano 1986 un referendum popolare aveva portato alla chiusura delle centrali nucleari italiane e alla rinuncia a questa fonte di energia che se opportunamente utilizza costituisce una validissima alternativa a quelle fossili. Visto che si è tornati a parlare di un ritorno di fiamma per questa fonte di energia, un ritorno al nucleare quali vantaggi potrebbe portare all’ambiente e all’Italia?
Un ritorno al nucleare quali vantaggi potrebbe portare all’ambiente?
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L’analisi dell’impatto ambientale delle fonti energetiche, in particolare del nucleare, rivela aspetti significativi nella gestione delle emissioni nocive. L’energia nucleare, insieme alle energie rinnovabili, si distingue per non rilasciare gas dannosi come gli ossidi di zolfo (SO2) e di azoto (NOx), responsabili delle piogge acide, e l’anidride carbonica (CO2), principale contributore all’effetto serra. Al contrario, i combustibili fossili inevitabilmente emettono CO2, facendo della transizione verso fonti più pulite una necessità.
La sostituzione di una centrale a gas con 1.000 MW nucleari ha notevoli benefici ambientali, riducendo significativamente il rilascio di CO2 e il consumo di ossigeno. In termini pratici, questa sostituzione equivale a un’area di rimboschimento di circa 10 mila kmq di terreno.
Tuttavia, è essenziale considerare che, al momento, le fonti rinnovabili non sono in grado di coprire una frazione significativa del fabbisogno energetico dei paesi industrializzati. La limitata capacità di sfruttamento delle fonti rinnovabili, come evidenziato dall’idroelettrico già massimamente utilizzato in Italia, sottolinea la necessità di esaminare e sviluppare approcci più sostenibili e integrati per soddisfare la crescente domanda di energia. In questo contesto, l’energia nucleare emerge come una fonte che, se gestita correttamente, può contribuire in modo significativo a ridurre le emissioni nocive e a fornire un’opzione energetica più pulita.
A proposito dell’effetto serra c’è un dato interessante. Se tutte queste centrali fossero chiuse entro il 2020, le emissioni di CO2 nel settore elettrico raddoppierebbero. Tale prospettiva sottolinea il ruolo significativo che le centrali nucleari svolgono nel contribuire a una produzione energetica più pulita e nella riduzione delle emissioni di gas serra.
Il trasporto del materiale è più conveniente
Per alimentare una centrale nucleare da 1.000 MW, sono necessarie 30 tonnellate di uranio all’anno, quantità equivalente alla capacità di un singolo carro ferroviario. A titolo di confronto, per alimentare una centrale termoelettrica della stessa potenza, servirebbero 15 petroliere da 100 mila tonnellate o 40 mila carri ferroviari per trasportare 2,5 milioni di tonnellate di carbone.
Anche la gestione dei rifiuti nucleare risulta più conveniente
Una centrale nucleare da 1.000 MW produce 100 metri cubi di rifiuti solidi all’anno. Questo è un valore notevolmente inferiore rispetto ai 10 mila metri cubi prodotti da una centrale a olio combustibile o ai 250 mila metri cubi di una centrale a carbone.
La maggior parte dei rifiuti solidi generati da impianti nucleari è di bassa e media radioattività (costituenti il 97% del totale), con un periodo di decadimento di poche decine di anni. Questi rifiuti vengono compressi e collocati in appositi contenitori presso la stessa centrale, con depositi capaci di ospitarli per l’intera durata di vita dell’impianto. Successivamente, sono destinati a trasferimenti in centri di raccolta nazionali.
Il combustibile esausto, che può dar luogo a rifiuti ad alta radioattività in caso di riprocessamento, può essere conservato in depositi nazionali per decenni. Questa conservazione precede eventuali operazioni di smaltimento geologico definitivo, riprocessamento o trasmutazione in prodotti radioattivi a vita media breve.
Il possibile impatto di un ritorno al nucleare in Italia
L’influenza economica dell’energia nucleare, comprendente sia gli impatti diretti che indiretti, è stimata a circa 45 miliardi di euro in Italia. Questo sarebbe accompagnato dalla creazione di oltre mezzo milione di posti di lavoro entro il 2050, con la generazione di 52 mila occupazioni nel breve termine, principalmente associate alla fase di costruzione. Le rivelazioni provengono da un nuovo studio di Ey intitolato “L’energia nucleare è sull’orlo di una rinascita”.
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