Come noto, una delle principali caratteristiche dei progetti di efficientamento energetico è la distinzione tra interventi trainanti ed interventi trainati.
I secondi possono accedere ai bonus fiscali, solo in unione ad uno o più degli interventi trainanti, ovviamente in presenza di tutte le condizioni previste dalla normativa in materia.
Occorre peraltro considerare che la ratio di queste agevolazioni non riconduce solo al miglioramento energetico, in quanto tale.
La finalità è anche quella di migliorare l’ambiente, con impianti decisamente meno impattanti proprio a livello ecologico.
Ma come può incidere tutto questo su un punto nodale dei progetti?
Un punto nodale di taluni progetti di efficientamento energetico: la pompa di calore
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Uno dei possibili interventi trainanti è la cosiddetta pompa di calore.
In diversi progetti questo intervento è destinato a sostituire il precedente impianto di riscaldamento.
Tuttavia, occorre fare attenzione ad un elemento essenziale, che potrebbe compromettere l’intero progetto di efficientamento.
La potenza della pompa.
Infatti, non bisogna mai dimenticare che ogni nuovo impianto ha il compito principale di consentire non solo un miglioramento energetico, ma anche che non vi siano disfunzioni e problemi durante il funzionamento.
Tuttavia, non sempre le pompe di calore rappresentano la possibilità di coprire i fabbisogni energetici necessari, soprattutto durante la stagione invernale.
Potrebbe quindi capitare, soprattutto in edifici datati, che insorgano disfunzioni ed altre problematiche, circa il perfetto funzionamento di questi tipi di impianto.
Di qui nasce un problema non da poco.
Cosa si propone, quando la pompa di calore non è ritenuta elemento sufficiente?
I tecnici esperti in materia talora suggeriscono di non smantellare il vecchio impianto di riscaldamento, per far fronte al problema sopra esposto.
In tal modo, rimarrebbe un impianto di riserva, cioè quello preesistente, da far funzionare in caso di necessità.
Ebbene, tale soluzione, a quanto pare, contrasta con la normativa per la concessione dei bonus fiscali.
A tale riguardo è rilevante una precisazione da fonte Enea, che afferma quanto segue:
“sentito il MISE, per il quale l’obiettivo finale è il conseguimento dell’efficienza energetica, riteniamo che il vecchio generatore possa anche non essere rimosso e assolvere unicamente alla produzione di a.c.s., ma che debbano essere eseguiti interventi che non consentano con operazioni semplici ad eseguirsi, il ripristino del suo funzionamento per il riscaldamento“.
Pertanto, un vecchio impianto di riscaldamento non richiede di essere smantellato. Tuttavia non è possibile farlo funzionare per ottenere un supporto per il riscaldamento, fatta eccezione per la produzione di acqua calda sanitaria.
Quale problema deriva dal divieti di ripristino funzionale?
In base al principio sopra esaminato, non è quindi possibile pensare di avere due impianti, entrambi operativi per il riscaldamento. Uno nuovo, riconducibile agli interventi trainanti come la pompa di calore, ed il vecchio impianto, entrambi operativi.
Quello vecchio da far magari funzionare quando la pompa di calore sia messa eccessivamente sotto pressione.
La pompa di calore deve restare l’unico impianto funzionante e, quindi, qualora possa presentare dei problemi, perché ad esempio per limiti di potenza non possa garantire sempre un funzionamento ottimale, tale progetto deve essere scartato.
Approvarlo significherebbe consentire un impianto che poi, alla prova dei fatti, soprattutto su edifici un po’ datati, potrebbe presentare diversi problemi.
In conclusione, un punto nodale di taluni progetti di efficientamento energetico è sicuramente la pompa di calore. Certo, si può sempre prevedere la possibilità di due impianti operativi, coesistenti, ma allora niente accesso ai bonus fiscali.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“