Il prossimo Natale potrebbe essere l’ultimo con il reddito di cittadinanza per molti beneficiari della misura. Infatti ormai è chiaro che il Governo Meloni ha deciso di mettere mano alla misura riducendone la durata per alcuni soggetti. Una riduzione che però rischia di essere superiore a quella di cui già da mesi ormai si parla.
Tra gli emendamenti che faranno sicuramente discutere ci sono quelli che rischiano davvero di rendere il reddito di cittadinanza molto diverso e penalizzante rispetto ad oggi.
Ultimo Natale di reddito di cittadinanza? Ecco cosa sta succedendo in Parlamento
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Una lotta senza frontiere al reddito di cittadinanza. Correggere la misura per evitare che vengano favoriti i cosiddetti furbetti. Questo è l’obiettivo del Governo. Il primo effetto è la distinzione della platea dei beneficiari tra attivabili al lavoro e non attivabili al lavoro. E resta il rischio che questo sia l’ultimo Natale di reddito di cittadinanza per molti. Solo le famiglie con al loro interno invalidi, minorenni o anziani che hanno già compiuto 60 anni di età, sono sicuri di continuare a prenderlo per tutto il 2023.
Nella bozza della manovra, per i beneficiari tra i 18 anni di età ed i 59 anni di età il reddito di cittadinanza dura solo 8 mesi nel 2023. Sembra però che sia in discussione un emendamento che mira a ridurlo ulteriormente, accorciandolo a soli 6 mesi. Per sostenere le nuove misure previdenziali di pensionamento anticipato, o anche per finanziare l’incremento degli assegni previdenziali o l’aumento delle pensioni di invalidità per chi ha problematiche di salute, tagliare il reddito di cittadinanza è una delle soluzioni che il Governo dovrebbe adottare.
Ancora modifiche al reddito di cittadinanza?
Una Natale di grave crisi economica quello che sta per arrivare per gli italiani. Per i titolari del reddito di cittadinanza invece, l’attesa è tutta per le nuove eventuali misure che finiranno con il modificare profondamente il sussidio. Infatti oltre che come durata ci sono proposte che mirano a rendere più complicato l’utilizzo della misura da parte dei beneficiari. Basti pensare che un altro emendamento propone di eliminare dalle ricariche mensili a favore dei beneficiari, la parte relativa all’affitto imputato. Il sussidio infatti si distingue in una parte di integrazione al reddito di un nucleo familiare, e in un’altra parte che riguarda il corrispettivo relativo all’affitto pagato da chi vive in una casa con un contratto di locazione. La proposta mira a girare direttamente al padrone di casa la quota relativa all’affitto imputato del reddito di cittadinanza. Sarebbe un taglio sostanziale dell’assegno. Un singolo per esempio, da 780 euro al mese finirebbe con il prendere solo 500 euro.
Di taglio intaglio infine, ecco un’altra idea abbastanza particolare proveniente da una proposta correttiva alla Legge di Bilancio. Eliminare la parola congrua dalle offerte di lavoro che i beneficiari del sussidio non possono rifiutare per non rischiare la decadenza dal beneficio. La proposta lavorativa oggi non può essere rifiutata, ma deve essere congrua. Deve essere con uno stipendio adeguato rispetto al sussidio percepito e soprattutto ad una adeguata distanza dal luogo di residenza del beneficiario. Secondo la proposta invece il sussidio dovrebbe venire eliminato ad un beneficiario nel momento in cui questi rifiuta una proposta di lavoro a prescindere dalla distanza da dove proviene è dai soldi offerti come stipendio.