L’ultima Legge di Bilancio non ha prodotto grandi novità sulle pensioni se si escludono le proroghe ad alcune misure che dovevano scadere il 31 dicembre scorso. Ma il prolungamento di Quota 103, di Opzione Donna e dell’APE sociale, compreso alcuni correttivi alle tre misure, non può essere considerata una riforma del sistema previdenziale.
Il Governo però ha promesso di riformare il sistema entro la fine della legislatura. Ma con quali strumenti? Presto dovrebbero ripartire gli incontri tra Governo e sindacati per la piattaforma di riforma delle pensioni, e probabilmente si ripartirà da due misure fondamentali per poter dire una volta per tutte addio alla Legge Fornero.
Tutti in pensione con 41 anni di contributi o a 62 anni e la riforma Fornero va in soffitta per sempre
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Prima del 2012, cioè prima della riforma delle Pensioni del Governo Monti e del Ministro del lavoro Elsa Fornero, in pensione si andava con due versioni di pensione anticipata. Una prevedeva l’uscita con 40 anni di contributi a prescindere dall’età del richiedente. L’altra a partire dai 60 anni di età con 35 anni di contributi e con contestuale raggiungimento della Quota 96. Sono le due misure di pensione di anzianità che la Fornero cancellò dall’ordinamento. Inevitabile sostenere che per superare davvero la riforma Fornero tutto dovrebbe tornare a come prima. Ma non è possibile cancellare tutto con un colpo di spugna e tornare al passato. Perciò alcune nuove misure potrebbero alleggerire il carico di chi in pensione man mano che passano gli anni, rischia di andarci sempre più in avanti come età. La prima misura che molti del Governo hanno individuato come quella utile a fare un piccolo passo indietro è la Quota 41 per tutti.
Senza limiti di età o con 62 anni tra penalizzazioni e non
Andare in pensione con 41 anni di contributi e senza vincoli di età è ciò che la Quota 41 per tutti consentirebbe di fare. Non saranno i 40 anni di contributi delle vecchie pensioni di anzianità ante-Fornero, ma ci vanno molto vicini. Tutti in pensione con 41 anni di contributi quindi. La Lega spinge verso questa direzione, con l’obiettivo di lanciare entro la fine della legislatura. Ma una misura di questo genere deve essere affiancata da una flessibilità in uscita per chi non ha carriere tanto lunghe. In questo caso le vie potrebbero essere due. Seguire la proposta dei sindacati, cioè con la flessibilità senza penalizzazioni dai 62 anni di età per chi ha contributi prima del 1996. Oppure si potrebbe pensare ad una soluzione tampone, ovvero ad una flessibilità a 62 o 63 anni, sempre per chi ha contributi versati prima del 1996, ma con assegno calcolato con il solo metodo contributivo nell’immediato, e poi con il sistema misto a 67 anni. In questo caso ci sarebbe da fare i conti con una penalizzazione di assegno come pegno per l’uscita anticipata. Ma solo per la durata dell’anticipo, cioè dai 62 o dai 63 anni e fino ai 67 anni.