Secondo alcune dichiarazioni rilasciate dai suoi funzionari, la Banca Centrale Europea avrebbe intenzione di lanciare a breve uno “scudo anti-spread”, uno strumento finanziario da utilizzare per evitare il rischio, reale o presunto che sia – su questo gli esperti sono ancora divisi – della frammentazione del debito pubblico dell’eurozona.
In altre parole, la BCE vorrebbe varare una strategia di acquisti dei titoli di Stato con l’intento di focalizzarsi su quelli dei paesi più indebitati, ovvero quelli che rischiano di dover sopportare il costo finanziario più elevato dell’imminente aumento dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale. Il meccanismo, in attesa di conoscere ulteriori dettagli, potrebbe teoricamente attivarsi automaticamente ogni qualvolta lo spread tra i rendimenti dei paesi più a rischio e quelli dei paesi benchmark superi una certa soglia, con l’obiettivo di riportare i differenziali al di sotto di quella.
Trovare la quadratura del cerchio tra tutte le posizioni non sarà certo facile
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Il meccanismo potrebbe funzionare e diventare uno strumento di lungo periodo in grado di omogeneizzare i rendimenti sovrani degli stati membri dell’eurozona. Ma per alcuni paesi del Nord, questo meccanismo non sarebbe nient’altro che un modo mascherato per realizzare una monetizzazione permanente dei debiti pubblici per i paesi più fragili, vista come l’unica possibilità che questi hanno a disposizione per poter restare nell’euro, considerato che, non appena il precedente quantitative easing è cessato, gli spread tra i Paesi è subito ripreso a correre. La spread rule, secondo questa scuola di pensiero, sarebbe quindi una soluzione obbligata per salvare l’euro dal fallimento.
Le voci contrarie al piano sono tante.
La scorsa settimana, sulla questione si è espressa la Germania, che ha richiesto di subordinare gli eventuali aiuti della BCE a delle precise condizioni.
Lunedì scorso, la Bundesbank ha presentato alcune condizioni per il sostegno di Francoforte ai paesi più indebitati della zona euro, dopo essersi opposta a tali aiuti nella riunione di emergenza richiesta proprio dai funzionari della Bce per capire come fermare l’aumento degli spread.
Per la Germania, quindi, un paese che voglia ricevere aiuti dalla banca centrale deve a sua volta essere pronto a dare qualcosa in cambio. Soldi in cambio di impegni finanziari più che di riforme (queste ultime sono già subordinate ai fondi NGUE), possibilmente in termini di riduzione del debito, o di saldi di finanza pubblica, in sintesi.
Secondo il consigliere economico del ministro tedesco Christian Lindner, Lars Feld, in cambio degli aiuti della BCE, i Paesi coinvolti dovrebbero intraprendere ” riforme supervisionate da istituzioni indipendenti; qualsiasi altra cosa metterebbe in pericolo la stabilità dell’unione monetaria.” Trovare la quadratura del cerchio tra tutte le posizioni non sarà certo facile. Nel frattempo, ci si domanda se l’uso di questo scudo, o anche il solo parlarne, sia davvero nell’interesse di chi dovrebbe beneficiarne.
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