Tra vertice NATO di Vilnius ed economia di guerra: scenari geopolitici ed economici a confronto

Jens Stoltenberg Segretario della NATO-proiezionidiborsa.it

Nel prossimo mese di luglio a Vilnius si terrà un vertice della NATO, probabilmente uno dei più importanti della sua storia. Si discuterà infatti di una possibile entrata dell’Ucraina nella NATO, o quanto meno di una sua qualche forma di partecipazione. In questo articolo facciamo il punto sugli scenari che le vicende belliche vanno prospettando nei diversi contesti geopolitici ed economici. Tra vertice NATO di Vilnius ed economia di guerra: quali scenari?

Il vertice di Vilnius

Sinora molti Paesi occidentali, a partire dagli USA, hanno quanto meno frenato sull’ipotesi di una entrata dell’Ucraina nella NATO. Soprattutto per il timore che gli eventi bellici precipitino verso un conflitto mondiale. Un conto è infatti l’invio di sistemi d’arma, altra situazione quella invece riconducibile ad un intervento diretto con propri militari. Fermo restando che, con ogni probabilità, quanto meno gli USA hanno già loro militari sul territorio ucraino a supporto delle truppe ucraine. Il dibattito resta aperto, ma va ricordato che in base al trattato NATO esiste un automatismo tra aggressione verso il territorio di uno degli Stati membri e l’intervento degli alleati. Anche se poi altre norme del trattato precisano che gli interventi vanno valutati caso per caso, una sorta di mitigazione al principio dell’automatismo.

Federazione russa: situazione economica e prospettive belliche

Dal punto di vista economico, è interessante considerare la situazione e le prospettive dei Paesi, anche solo indirettamente coinvolti nel conflitto.

A partire dalla Federazione russa, nel prosieguo del testo denominata Russia per maggior semplicità. L’economia russa pare, in effetti, riprendersi, dopo un’iniziale caduta verso valori negativi del PIL. Pur ancora negativo, il PIL è infatti in risalita, trovando peraltro anche una conferma prospettica positiva nella curva dei rendimenti, tornata rialzista. Probabilmente una parte significativa di questa ripresa riconduce agli effetti di un’economia di guerra, che la Russia ha implementato. Ci riferiamo alla produzione di armi e munizioni da parte di aziende che operano 7 giorni su 7 e senza alcuna interruzione nelle 24 ore. D’altra parte, è noto che l’elemento rilevante nel determinare le sorti di un conflitto militare è il rapporto di forze, e di questo la Russia è ben conscia. Ma gli effetti non sono solo militari, ed evidentemente questa decisione ha contribuito ad innescare elementi di ripresa economica, peraltro in un contesto di inflazione al ribasso.

I Paesi occidentali verso un’economia di guerra

Probabilmente la maggior parte dei Paesi occidentali che sono coinvolti nel rifornimento di sistemi d’arma e munizioni all’Ucraina sono ben consapevoli che, a fronte degli sforzi russi, dovrebbero parimenti implementare analoghe economie di guerra, ampliando in misura significativa la produzione di armi e munizioni.

Un’ipotesi del genere consegue alle analisi di diversi analisti militari, che stimano la necessità, ad esempio, di fornire almeno tra i 700 ed i 1.000 carri armati agli Ucraini. Ognuno con un costo compreso tra i 7 e i 10 milioni di euro. Per non parlare di velivoli da guerra.

Una eventualità del genere costituirebbe per gli eventuali Paesi che la implementeranno, una significativa spinta economica, o quanto meno tale insegnamento è quello che proviene dalla storia.

Riflessioni

A tale riguardo, pensiamo agli USA. La crisi del ‘29, come ricordano vari storici, non fu completamente superata neppure dalle politiche keynesiane del periodo rooseveltiano. Solo l’economia di guerra, relativa alla seconda guerra mondiale, comportò un rilevante balzo in avanti della situazione a stelle e strisce, fino a superare la crisi del ‘29.

Anche se unitamente a tale elemento, è da considerare la probabile spinta inflazionistica che il conseguente incremento di massa monetaria comporterebbe, soprattutto in una fase in cui, invece, sia nell’eurozona che negli USA si sta tentando di contrastare il fenomeno.

Difficile quindi valutare se si arriverà a tanto, ma non possiamo escluderlo a priori

In tal senso esistono almeno due spinte contrastanti. Per un verso la politica restrittiva della BCE ha già mandato in recessione la Germania, considerata motore economico per antonomasia. Il che si aggiunge alle problematiche inerenti alla conversione della produzione di veicoli, come imposta dalle direttive europee e ai conseguenti contrasti nell’esecutivo tedesco. D’altra parte, in tal senso spingerebbe anche la convinzione, giusta o sbagliata che sia, che non premere per una vittoria ucraina potrebbe comportare ulteriori conflitti tra Russia ed altri Paesi in futuro, a partire da quelli baltici. E di qui la convinzione che vincere oggi significherebbe evitare nuovi conflitti domani.

D’altra parte, in molti Paesi si teme una recrudescenza, che potrebbe intimorire e influire sulle decisioni. Unitamente al rischio di nuove fiammate inflazionistiche.

Tra vertice NATO di Vilnius ed economia di guerra: conclusioni

A prescindere dalle opinioni sugli aspetti politici più rilevanti delle prossime decisioni in seno alla NATO ed ai Paesi occidentali fornitori di armi, queste avranno sicuramente un impatto di non poco conto sugli scenari bellici e sugli equilibri geopolitici.

Ma anche sul piano economico, a fronte soprattutto delle conseguenze che un’economia di guerra potrebbe portare con sé.

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