Ritornano in auge i NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro) e, salendo un pochino con l’età, arriviamo ai «né-né». Coloro che anche dopo i trent’anni proseguono in una sorta di inattività cronica. Cioè persone dedite all’ozio, che si dedicano volontariamente al dolce far nulla con il soldo in tasca che non proviene da attività lavorativa. Ma sempre più spesso dal welfare familiare, dei genitori e nonni in pensione o dalle misure assistenziali previste dal Governo. Cui, a limite, si associa qualche lavoretto saltuario. Rigorosamente in nero, per non perdere il diritto al reddito di cittadinanza. La cifra non è altissima, ma per starsene a casa è certamente un bene. In tanti, si dice, ragionino così.
L’aria che tira
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Il sentiment generale verso tale misura assistenziale è abbastanza negativo. Ovviamente non da parte di chi il reddito lo percepisce, ma da parte di quanti lavorano duramente. E, ancora, da parte di quei datori che si sentono declinare le proprie offerte e proposte. Attività del settore ricettivo sono senza personale perché in tanti preferirebbero rimanere a casa e vivere con la cifra del reddito di cittadinanza, anziché lavorare. Se ne sta parlando da giorni attraverso diversi canali di informazione. Così, in un Paese che certamente non brilla quanto a tasso di occupazione e benessere generale delle famiglie, ci si permette il lusso di rifiutare offerte di lavoro. E, visto il rumore di tale constatazione, si aprono tempi duri per il reddito di cittadinanza.
Tempi duri per il reddito di cittadinanza, controlli più aspri e polemiche sui giovani né-né
INPS e Ministero della Giustizia sono più attivi che mai. Infatti, apprendiamo di una stretta sull’applicazione del protocollo tra i due Enti. Maggiore sinergia rispetto allo scambio di informazioni e al controllo incrociato dei dati a disposizione. Tali accertamenti serviranno a stabilire gli aventi diritto e quanti invece avranno a che fare con una revoca della misura assistenziale.
La politica in campo
Intanto Matteo Renzi ne fa una battaglia politica. Così, se da una parte il Movimento non vuole saperne di revocare il RdC, in generale (anche) per motivi squisitamente elettorali, Renzi insiste. E si annunciano tempi duri per il reddito di cittadinanza. Da giorni, l’ex Premier annuncia la raccolta firme per indire un referendum. La petizione dovrebbe partire il prossimo 15 giugno. Tuttavia, secondo alcuni organi di informazione, «per legge (visto che l’anno prossimo scade la legislatura), l’eventuale referendum non può essere convocato prima del 2025». Quel che rimane è un nuovo approccio che non fa guardar bene alla faccenda, non foss’altro perché probabilmente allo stato attuale persiste un’assegnazione a pioggia. Sarebbe invece auspicabile la forbice degli aventi diritto si stringesse di molto e i requisiti venissero verificati di mese in mese.
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