Come è ormai noto, nel 2023 le Banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse. Per il 2024 i mercati si aspettano dei tagli, ma per il momento i dati sull’inflazione non hanno ancora spinto i portavoce ad esprimersi in merito. Quindi, sebbene il sentiment degli analisti sia per un primo taglio nel mese di giugno, con la BCE a fare da apripista alla FED e alla BoE, la verità è che per il momento non ci sono abbastanza dati per fare quest’affermazione. Oggi e domani (19-20 marzo) la riunione della FED darà delucidazioni in proposito? Sapremo finalmente quando e se avverrà l’atteso taglio dei tassi di interesse? Cerchiamo di capirne di più.
Taglio dei tassi di interesse, ecco le aspettative sulla riunione FED del 19 e del 20 marzo
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L’attuale tasso dei fondi federali si colloca nella fascia del 5,25-5,5% e secondo la comunità finanziaria la FED non dovrebbe ancora rilasciare dichiarazioni in merito alla data in cui avverrà il primo taglio. Il motivo? È troppo presto per parlarne.
Ci troviamo certamente in un momento di deflazione, tuttavia, specialmente negli Stati Uniti, si è ancora lontani dall’atteso target di equilibrio del 2% e cioè quello fissato dalle Banche centrali. Proprio per questo la FED, così come la BCE e la BoE, sta adottando un atteggiamento particolarmente attendista.
Secondo l’analista David Norris di Vontobel, la previsione mediana indicherebbe tre tagli dei tassi entro la fine dell’anno e le aspettative dei mercati prevedano che il primo avvenga proprio nel mese di giugno. Certamente, tuttavia, la riunione del 19-20 marzo non sarà latrice di novità.
Cosa accadrebbe se fosse troppo prematuro
Ma se il taglio dei tassi di interesse avvenisse con un timing sbagliato? Cosa succederebbe? Cerchiamo di rispondere in breve a questa domanda. Per farlo, possiamo richiamare un avvenimento storico. Torniamo indietro nel tempo, precisamente al 1967.
Gli Stati Uniti giungevano da un triennio di forte espansione fiscale dovuto alle spese fatte per sostenere la Guerra del Vietnam. L’inflazione era particolarmente elevata e in costante aumento. Per questo, la FED rallentò la crescita al 2,7%. Nel 1966, tuttavia, si optò per un taglio del costo del denaro e nel 1967 l’S&P 500 salì del 20% e l’economia cominciò a riprendersi. Questa situazione particolarmente positiva durò però poco tempo. Infatti, appena due anni più tardi l’inflazione superò la vertiginosa quota del 6% e la Banca centrale dovette spingere i FED Funds al 9%. Alla fine del decennio, gli Stati Uniti attraversarono una grave recessione economica.
Quest’avvenimento storico dimostrerebbe la pericolosità di un taglio dei tassi troppo prematuro. Quindi, è facile comprendere perché le Banche centrali si stiano muovendo con grande cautela. Secondo gli analisti di Vanguard, i tassi d’interesse dovrebbero essere tenuti al di sopra del tasso d’inflazione per almeno un anno di tempo. Solo in questo modo si potrebbe essere quasi certi di non correre il rischio di recare danni all’economia. Fortunatamente, al momento non sussisterebbe il rischio di recessione per gli Stati Uniti. Gli analisti sono pressoché concordi nel dichiarare che si stiano avviando verso un periodo di soft landing.
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