La crisi dell’emergenza coronavirus, con la conseguente recessione che porterà, influirà negativamente anche sulle pensioni. Non su chi già percepisce un assegno previdenziale (tranne provvedimenti dell’ultim’ora del Governo), ma su coloro che andranno in pensione nei prossimi anni. Per il calcolo contributivo ci sarà un taglio alle pensioni per chi percepirà l’assegno previdenziale a partire dal 2022. Vediamo perché
La riforma delle pensioni Dini
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Nel 1995 il Governo Dini affrontò una riforma delle pensioni incentrando la sua attenzione sul calcolo dell’assegno previdenziale. Fino ad allora si andava in pensione secondo il calcolo retributivo, ovvero l’assegno era legato al reddito percepito. La riforma Dini introdusse il calcolo contributivo, ovvero legato ai reali contributi versati per la futura pensione. Rimasero con il calcolo retributivo i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi. Con calcolo misto, contributivo e retributivo, quelli che al momento della riforma avevano meno di 18 anni di contributi. Entravano invece nel pieno del contributivo chi iniziava a versare i contributi per la pensione dal 1996 in poi.
Taglio alle pensioni per chi percepirà l’assegno previdenziale a partire dal 2022
Nel 2012 la Riforma Fornero rivide la riforma Dini e impose che anche coloro per cui era stato lasciato il retributivo, dovessero passare al contributivo. E molti di questi potranno andare in pensione nei prossimi anni.
La legge Dini prevede che i contributi versati negli anni con metodo retributivo, debbano essere rivalutati in base alla crescita media del Pil nei cinque anni precedenti. La norma per il calcolo della rivalutazione prevede anche uno sfasamento di due anni. Ovvero la rivalutazione dei contributi versati per l’anno, sono rivalutati sulla media del Pil dei 5 anni precedenti, ma partendo come calcolo non dall’anno precedente ma da 3 anni prima.
Coloro che andranno in pensione dal gennaio 2022 si vedranno vedere rivalutare i contributi secondo la media del Pil degli anni 2015-2020. Ma secondo le stime del DEF del Governo per il 2020, alla fine dell’anno il Pil tornerà a livello del 2015. Significa che la media di rivalutazione del quinquennio 2015-2020 sarà quasi zero. E peggio potrà essere per gli anni successivi che vedranno pesare di più la recessione economica.
In teoria una recessione prolungata potrebbe portare anche ad una rivalutazione negativa e quindi ad un taglio nei fatti. Secondo i calcoli fatti, il danno per chi va in pensione nel 2023 potrà essere pari al 3%, ma negli anni successivi questo potrebbe essere anche molto di più.