L’inflazione USA non lascia spazio a speranze di una possibile diminuzione. Numeri alla mano si è arrivati, a maggio, all’8,6% contro previsioni che parlavano di un +8,2% sul dato annuale. Si tratta del dato più alto da 40 anni a questa parte. Il che equivale ad una conferma, seppur implicita, di un cambio di rotta, probabilmente repentino, da parte della FED sul lato dei tassi di interesse. Non più tardi di ieri, inoltre, la BCE ha lanciato chiari segnali di una volontà precisa, e per alcuni versi anche aggressiva, di rialzare i tassi. Già da luglio. Inoltre da alcune dichiarazioni rilasciate da rappresentati della BCE si intravede la volontà, non unanime, di portare il rialzo dai 25 punti annunciati a 50.
Sullo sfondo di un’Europa tutta in rosso non promette bene nemmeno Wall Street dopo la pubblicazione del dato sull’inflazione statunitense
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Insomma, un mix di fattori che, seppur previsti anche se non con questo carico, hanno fatto crollare i mercati oggi. In realtà i primi scricchiolii si erano avvertiti ieri dopo la conferenza della Lagarde ma oggi il dato macro più atteso, quello dei prezzi al consumo, ha decisamente incrementato la volontà degli operatori di vendere. E così è stato. Alle 15.40 circa il Ftse Mib arrivava a perdere il 4,6% scendendo sotto quota 23.000 punti.
A fare da zavorra anche il settore bancario a causa di un aumento della forbice rappresentata dallo spread. Sullo sfondo di un’Europa tutta in rosso ci sono difficoltà anche per Wall Street che, dopo la pubblicazione dell’inflazione a stelle e strisce, deve registrare indici in caduta libera. Un esempio arriva dai 500 punti persi dal Dow dopo la lettura del dato. Parallelamente il rendimento del titolo di Stato statunitense a 2 anni arriva a sfiorare il 2,9%. Ma non è solo questo il fattore che sta affossando i mercati. Purtroppo a peggiorare le cose ci si mette anche Pechino. La Cina, infatti, dopo un primo tentativo di riaperture sarà costretta a chiudere nuovamente per una rinnovata allerta Covid sia a Shanghai che a Pechino.
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