I lavoratori dipendenti ricevono ogni mese la propria busta paga dal datore di lavoro. Questo documento riepiloga lo stipendio e tutte le ulteriori voci di remunerazione su cui il lavoratore deve pagare le tasse. Lo stipendio sarà quindi la differenza tra le spettanze lorde maturate nel mese e la tassazione prevista per il relativo scaglione reddituale. I lavoratori autonomi, invece, emettono delle fatture nelle quali dettagliano la quantità e qualità dei servizi resi.
Alla fine dell’anno, dovranno sommare le fatture emesse per determinare l’importo da pagare allo Stato a titolo di imposte sul reddito. In sintesi, si può dire che l’Erario monitori costantemente tutte le entrate dei lavoratori per calcolare le imposte dovute. Ci sono però, dei pagamenti relativi a spese sostenute dai lavoratori in funzione dell’attività professionale. Su queste entrate il Fisco non può pretendere alcuna tassa ma è importante fare attenzione per evitare possibili accertamenti.
I rimborsi spese
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L’articolo 51 del TUIR stabilisce che tutte le somme percepite da un lavoratore concorrono a determinarne il reddito. Di conseguenza, ogni bonifico effettuato da un datore di lavoro o un committente dovrebbe comportare il pagamento di un’imposta. La normativa prevede però un diverso trattamento per i rimborsi spese, infatti, su queste entrate il Fisco non può pretendere alcuna tassa. I rimborsi sono infatti la semplice restituzione di spese anticipate, di conseguenza non costituiscono un reddito tassabile. Per evitare possibili verifiche fiscali, le parti devono però attenersi a precise regole. In altre parole, ogni rimborso spese deve figurare correttamente nei documenti fiscali.
Su queste entrate il Fisco non può pretendere alcuna tassa
I lavoratori dipendenti effettuano periodicamente una rendicontazione alla propria azienda dove indicano le spese sostenute per conto del datore di lavoro. Questi importi, se validati dall’amministrazione, dovranno chiaramente figurare come rimborsi spese in busta paga. Analogamente, gli autonomi dovranno indicare nelle fatture l’importo esatto del rimborso chiesto al committente. Solo così, infatti, su queste entrate il Fisco non può pretendere alcuna tassa.
L’Agenzia delle Entrate effettua specifiche verifiche sui rimborsi spese per evitare che possano costituire quote di remunerazione oggetto di elusione fiscale. Il Fisco verifica anche che detti pagamenti avvengano con modalità tracciate e non in contanti. Gli ispettori tributari controllano infatti non solo i versamenti ma anche i prelevamenti in contanti effettuati dagli imprenditori. Abbiamo analizzato questa modalità di accertamento fiscale in un recente approfondimento.