Javier Milei, il leader di La Libertad Avanza (La libertà avanza), ha vinto le elezioni presidenziali in Argentina, scrivendo la parola fine all’epopea Peronista.S u Buenos Aires si è abbattuto un ciclone.
Un leader di rottura
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I media dell’establishment globalista hanno scelto un’ampia gamma di titoli per manifestare un preoccupato disprezzo per il nuovo Presidente argentino Javier Milei. La Reuters ha titolato che Milei è un “esponente di destra radicale”; Time magazine lo ha definito “populista”; la CNN ha detto che è un “outsider”; l’Economist ha titolato “L’Argentina alla prova del presidente libertario”; la BBC ha lanciato il peggior insulto possibile: “ammiratore di Trump”. Naturalmente, Milei non è nulla di tutto questo. E’ un professore di economia devoto della Scuola Austriaca, e la sua vittoria è la vittoria della vecchia coalizione “liberale classica”.
Ma poiché Milei, come è successo a Liz Truss, mette in discussione il principio base che governa ormai la politica globale, e cioè lo statalismo e l’espansione del Leviatano, la stampa mainstream lavora per minimizzare l’impatto di un qualunque futuro, ancorché minimo, successo di esponenti politici avversi al modello basato sulla spesa pubblica.
Milei infatti sostiene politiche dichiaratamente libertarie, in particolare per quanto riguarda l’economia. Ha promesso l’abolizione della Banca centrale argentina, si è impegnato a tagliare le tasse e la spesa pubblica, ha proposto una privatizzazione su larga scala delle imprese statali e ha promesso di rendere più facile per gli argentini possedere armi da fuoco, così come praticare la donazione di organi. L’autodefinito “anarco-capitalista” ha preso in prestito suggestioni dal repertorio di Ronald Reagan, dichiarando che “lo Stato è la base di tutti i problemi”. Ha inoltre definito le leggi sul lavoro argentine un “cancro” che ingessa il mercato del lavoro provocando un alto tasso di disoccupazione e una bassa produttività. Ha poi spiegato che la lotta al cambiamento climatico è diventata uno strumento di sequestro della democrazia. Infine, ha detto che la sanità pubblica è un fallimento, impegnandosi ad abolire il relativo ministero, per passare ad un regime di privato-convenzionato modellato sull’eccellente sistema canadese.
All’atto dell’insediamento ha mantenuto la prima promessa elettorale, formando un governo con soli 8 ministeri: Economia, Infrastrutture, Interni, Giustizia, Sicurezza, Difesa, Esteri e Capitale Umano. Per gli altri 10 portafogli, la direzione di marcia è privatizzare le competenze, mentre l’eliminazione di Lavoro, Ambiente, Turismo, Cultura e Donne, Genere e Diversità segnala una benvenuta chiusura alla cultura woke, che ha allontanato la politica estera dell’Argentina dall’Occidente democratico.
La figura di Milei si pone in antitesi al peronismo
In quanto antagonista al Peronismo, Milei è un antipopulista. La sua visione è piuttosto reminiscente dell’esperimento neoliberista attuato nel confinante Cile. Negli anni ‘70 e ‘80, i Chicago Boys hanno condotto la rivoluzione economica di più ampia portata nella storia del Cile. Le loro politiche pro-business hanno avuto un impatto travolgente che oggi si può notare in quasi tutti i settori della vita sociale: istruzione, assistenza sanitaria, sistema pensionistico e altro ancora. A conti fatti, la crescita economica del Cile è stata eccezionale: il PIL è passato da 14 miliardi di dollari nel 1977 a 247 miliardi di dollari nel 2017.
La dollarizzazione dell’Argentina
Su Buenos Aires si è abbattuto un ciclone? Il progetto più radicale di Milei è la dollarizzazione dell’economia. Buenos Aires l’ha già sperimentata. Nel biennio ‘90-‘91 vennero intraprese iniziative significative per affrontare i rischi di insolvenza dei due colossi sudamericani (Argentina e Brasile): il vincolo monetario con gli USA e una maggiore integrazione economica tra i due paesi. Nel 1991 il Presidente argentino Carlos Menem introdusse nel proprio paese la parità fissa peso-dollaro USA (ley de convertibilidad) su suggerimento dell’allora Ministro dell’economia Domingo Cavallo, un geniale economista formatosi ad Harvard.
Con il piano Cavallo, l’Argentina conobbe un periodo di stabilità finanziaria che fece gridare al miracolo economico. Purtroppo, senza alcuna riforma strutturale e senza un controllo della spesa pubblica, l’esperimento venne abbandonato e l’economia Argentina ha conosciuto in questi ultimi anni un lento, quanto inesorabile, declino.
Milei appare determinato a ritentare la via della dollarizzazione senza ripetere gli errori del passato. L’Argentina è diventata il Paese più ricco del mondo quando non aveva una Banca Centrale. Dal 1880 al 1935, l’inflazione media è stata dello 0,9% all’anno. Nel 1935, la Banca Centrale fu da subito disfunzionale: l’inflazione salì così al 6% medio annuo.
Più tardi, nel 1946, l’Argentina nazionalizzò la Banca Centrale. Fino al 1991, l’inflazione media era del 250% all’anno. Buenos Aires ha subito due periodi di iperinflazione quando non c’era nemmeno la guerra. Nel 1991 fu adottata la convertibilità, un sistema di tassi di cambio fissi (un peso valeva un dollaro). Essendo stabilito per legge, aveva maggiore credibilità. A partire dal 1993 per un periodo di alcuni anni, l’Argentina fu il Paese con la minore inflazione al mondo. È stato il programma di maggior successo nella storia dell’Argentina, fallito solo per inettitudine politica.
Greenwood et al. hanno rilasciato un paper per l’International Monetary Monitor che illustra il processo di dollarizzazione ideato per Milei. Proprio John Greenwood nel 1983 ha proposto il sistema di currency board per stabilizzare il dollaro di Hong Kong, tuttora in vigore nell’ex enclave britannica in Cina.
I principi sono molto semplici, scrivono i ricercatori dell’IMM
- Ad eccezione delle banconote in peso emesse dalla BCRA, il valore di tutte le altre attività e passività presenti nel bilancio di privati, aziende, banche e governo argentini può essere re-iscritto in dollari USA dopo un breve periodo intermedio durante il quale il tasso di cambio fluttua liberamente per trovare un adeguato livello di mercato e la base monetaria viene congelata.
- Le banconote del peso saranno ritirate e sostituite con banconote del dollaro USA, al tasso di cambio scelto. Questo è l’unico costo “reale” dell’operazione associato al passaggio verso il dollaro USA e può essere facilmente finanziato con le attuali scorte argentine di riserve in oro e in valuta estera.
- Avendo dollarizzato l’economia in questo modo, cosa ci riserverà il futuro? Inflazione più bassa e tassi d’interesse più bassi di sicuro, e probabilmente grandi afflussi di capitale.
Su Buenos Aires si è abbattuto un ciclone. Milei rappresenta una forte domanda di cambiamento
La vittoria di Milei è il preludio ad una riformulazione della politica estera. Come è stato scritto, non senza humor, da un anonimo osservatore su Twitter: “Mettetevi nei panni di un mentecatto comunista e di un mentecatto di destra. Legge che Milei candidato di “ultradestra” ha vinto. Poi legge che Milei vuole uscire dai BRICS, adottare il $, appoggiare NATO, Ucraina e Israele. Il mentecatto comunista e il mentecatto di destra impazziscono diventando ultramentecatto”.
Buenos Aires merita meglio del terzomondismo straccione e dell’iperfinflazione da Weimar. E se Milei rimane con i piedi piantati nell’Occidente democratico e la bussola puntata in direzione Washington, DC, gli si può perdonare qualche scivolata sull’agenda sociale e qualche tono sopra le righe. Ma adesso con l’ingresso nella Casa Rosada occorre una comunicazione più adeguata e un rientro nella compostezza istituzionale.
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