La scorsa settimana si sono inaugurati gli Stati generali dell’economia, e le prime impressioni sono per una conferma di quanto già avevamo anticipato qui.
Ecco quindi diversi punti a riprova della nostra analisi.
Stati generali: prime considerazioni
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Sinora ci sono indicazioni risolutive?
Il vero motivo, per cui sono stati indetti questi incontri, riconduce al problema economico, di fondo, che si presenta come un macigno di fronte al governo.
I fondi UE ancora non sono stati decisi e sicuramente non arriveranno in tempi velocissimi.
Nel frattempo, cosa fare a fronte della situazione economica, provocata dalla pandemia?
Non è infatti un caso che Conte non abbia lanciato questi Stati generali sic et simpliciter, ma abbia precisato trattarsi degli Stati generali dell’economia, indicando quindi a chiare lettere che il tema, il problema di fondo, è proprio quello economico.
Ma le prime indicazioni, ad avviso di chi scrive, al riguardo non sono certo rassicuranti.
Appaiono più artifici retorici, che indicazioni di possibili soluzioni.
Artifici retorici o soluzioni?
Conte ha pronunciato diversi termini, che dovrebbero rappresentare la base programmatica, da cui ripartire.
Bellezza, modernizzazione, transizione ecologica ed inclusione sociale e territoriale. Parole attuali, ma al tempo stesso scontate ed anche un po’ ripetitive. Proviamo a fare una ricerca e vediamo quanti politici in passato hanno usato questi termini. Ebbene, non occorre certo andare molto lontani, e neppure cercare necessariamente tra i discorsi e le analisi di tipo politico. Basta leggere qualche tema di scuola media, forse neppure superiore, per rendersi conto che si tratta di temi triti e ritriti, già ampiamente diffusi anche solo nei temi scolastici. Mi domando e vi domando: occorreva la location di villa Pamphili per dire queste cose? Nonché scomodare istituzioni UE, sindacati e soggetti economici?
Certo, parte dei soggetti coinvolti ancora non si sono pronunciati, ma già le istituzioni UE si sono limitate a confermare temi che già ben conosciamo e che certo non saranno questi Stati generali a farci scoprire.
Recovery fund: cosa farne?
Una seconda riflessione sugli Stati generali, è che questa iniziativa serva soprattutto per vedere cosa fare dei fondi europei, ammesso che arrivino, anzi, proprio per farli arrivare. Probabilmente ci si è resi conto che senza una adeguata programmazione del loro impiego poco o nulla arriverà, ed allora, che iniziative assumere?
Altrettanto probabilmente Conte ha pensato che la cosa migliore sia farselo indicare da altri.
La verità è che il quadro, in primis politico, si sta complicando, anche a fronte della dialettica se usare o meno certi fondi.
E, quindi, Conte sta cercando di rinsaldare le fila di governo e maggioranza, ma sinora lanciando temi scontati ed inflazionati.
Il timore è che questi fondi facciano comunque fatica ad arrivare ed ecco che allora questi incontri dovrebbero servire a rassicurare in primis l’UE.
Le parole di Conte
Lo dimostrano, ancora una volta, le stesse parole di Conte, quando coinvolge non solo le istituzioni, ma addirittura i partiti: “ Vi prego, vi riconoscerò pubblicamente questo aiuto intervenendo anche con i partiti con cui avete legami, con i Paesi che stanno cercando di contrastare la risposta che la Commissione Ue sta offrendo.”
Queste parole dimostrano, forse più di qualsiasi altro elemento, il vero dilemma di Conte. Sa che l’emergenza economica incombe e teme che i fondi UE non arrivino. Di qui la necessità di giungere ad una sorta di preaccordo.
Il che testimonia, al contempo, una significativa debolezza. Del tipo: alcuna salvezza senza fondi europei. Manca quindi quel piano B, su cui invece il governo avrebbe dovuto riflettere e grazie al quale prospettare soluzioni alternative.
Ma se questo è il vero punto nodale, cioè i fondi UE, non sarebbe opportuno pensare a come, quindi, risolvere i problemi economici anche prescindendo dai medesimi, che sono appunto una ipotesi, non una certezza? Infatti non è per nulla scontato che i fondi arrivino, a prescindere da cosa si dirà a villa Pamphili.
Ecco, quindi, una possibile proposta, che a titolo personale avanzerei, ma certo non nella direzione prospettata da questo esecutivo.
Una proposta economica alternativa
Va preliminarmente chiarito (del resto è stata smentita anche dal governo) che ipotesi di patrimoniale, o altre nella direzione di un incremento della pressione fiscale, anche alla luce dei calcolo che possiamo formulare tramite il moltiplicatore economico, avrebbero probabili effetti ulteriormente recessivi.
Pertanto, dove trovare le risorse finanziarie che servono, a maggior ragione se i fondi UE non arrivano, o non arrivano nei quantitativi ed entro i termini sperati?
Partiamo da quanto già deciso proprio in ambito UE: la sospensione dei parametri di Maastricht, relativi alla quantificazione del debito/pil. Il vulnus forse più grave dell’intera costruzione economica europea riconduce alla assenza di una sufficiente politica monetaria, riconducibili solo a decisioni sui tassi e ad acquisti di titoli sul cosiddetto secondario. Ed allora, vediamo di recuperarla. Come?
Consentendo, secondo precisi parametri quantitativi, di ritornare in parte alla creazione di base monetaria per finanziare direttamente la spesa pubblica. Al contempo, però, non collegando tale quantitativo all’emissione di nuovo debito.
In fondo, è quanto già dice l’UE. Le spese necessarie, conseguenti all’emergenza da covid 19, non siano conteggiate nel rapporto debito/pil.
Facciamo un passo in più.
Questi soldi vengano direttamente attribuiti alla proprietà statale, senza correlata emissione di debito pubblico O, se proprio si desidera formalizzare uno scambio di risorse finanziarie, dietro emissione di debito, ma questo debito venga emesso a fondo perduto, cioè con titoli irredimibili.
La mia opinione è che al di fuori di questa ritrovata politica monetaria, il resto, come ho cercato di spiegare sopra, resti confinato alle categorie del trito e ritrito, senza alcun reale costrutto per il nostro paese, all’infuori di qualche artificio retorico.
Non abbiamo bisogno di rifare temi, già presenti in molti compiti di scuola media.
Forse è il caso di innovare qualcosa
E questo non succederà certo concentrando l’attenzione sugli impieghi di possibile risorse.
L’unica, vera alternativa, è quella di rivedere i meccanismi di finanziamento della spesa pubblica.
Maastricht ha fatto il suo tempo.
Vorrei proprio che l’occasione di villa Pamphili venisse sfruttata in tal senso, anche se non credo che succederà, in primis per motivi politici.
All’interno dell’attuale maggioranza di governo, il partito originariamente più riformista nei confronti dei meccanismi europei erano i 5 stelle.
Mi pare che quella carica sia venuta meno, una volta raggiunto il potere.
Forse qualcuno nel movimento (leggasi Di Battista) ha mantenuto questa visione critica, ma è in minoranza, a quanto pare.
Il tutto si traduce quindi in un’azione di governo tradizionale, maggiormente raccordata con gli attuali vincoli europei.
Personalmente non credo sia la strada giusta, ma questo, coloro che mi seguono da tempo, già lo sanno.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT”