La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1693 del 20/01/2022, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di omessa autofatturazione. Nella specie, la società contribuente aveva ricevuto sei fatture da due società, aventi sede, rispettivamente, in Francia e in Spagna. Le società avevano effettuato prestazioni di assistenza e consulenza rese in base a un accordo infragruppo, senza applicazione dell’IVA. A questo non era poi seguita l’autofatturazione e la relativa annotazione nei registri degli acquisti e delle vendite da parte della contribuente. Contribuente che vi aveva provveduto solo in seguito.
Solo le violazioni meramente formali non sono punibili per inoffensività della condotta. Studiamo il caso.
L’Agenzia delle Entrate aveva quindi irrogato alla società la relativa sanzione con atto di contestazione. La contribuente aveva impugnato tale atto, ottenendone l’annullamento dalla Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di secondo grado avevano sostenuto che l’adempimento, per quanto tardivo, degli obblighi concernenti il regime d’inversione contabile aveva natura meramente formale. Contro tale sentenza proponeva infine ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate.
La decisione
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La Cassazione evidenzia innanzitutto che le violazioni tributarie possono essere sostanziali, se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento. Sono invece formali se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo, pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta, o sul versamento. Oppure sono meramente formali, perché non influenti sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento e non arrecanti pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo.
Rileva quindi la Corte che solo le violazioni meramente formali non sono punibili per inoffensività della condotta. E tale valutazione risente dell’accertamento, in concreto, della produzione di un danno erariale e dell’ostacolo alle azioni di controllo. Secondo i giudici di legittimità era allora indubitabile che, nella specie, la violazione commessa non avesse natura meramente formale.
Solo le violazioni meramente formali non sono punibili per inoffensività della condotta. Conclusioni
In conclusione, il sistema dell’inversione contabile è un sistema che non incide sulla struttura del tributo, se vengono osservate le formalità e i tempi stabiliti dallo Stato. In base a queste “formalità”, come noto, la fattura è emessa dal cedente senza addebito d’imposta. Nella stessa fattura viene indicato che si tratta di operazione con Iva non addebitata in rivalsa ed integrata dal cessionario con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta. Tale fattura deve poi essere rapidamente registrata nel registro delle vendite dal cessionario, il quale, in tal modo, assolve l’obbligo di pagamento del tributo.
Nel caso in esame, allora, vi era stato un vulnus all’azione di controllo. Il ritardo degli adempimenti non aveva infatti consentito all’Amministrazione di controllare l’applicazione del regime, determinando un rischio di perdita fiscale dell’erario. La tardiva emissione e registrazione delle fatture è del resto idonea a incidere anche sul tempestivo assolvimento dell’IVA, sia pure mediante l’indicato meccanismo di compensazione. E dunque la comminazione della sanzione era corretta, anche se, successivamente, l’inadempimento era stato poi regolarizzato.