Andare in pensione prima di aver compiuto i 60 anni di età ma senza usare le misure distaccate dai vincoli anagrafici è possibile. Esistono misure che consentono il pensionamento prima di questa età. Ma la platea dei beneficiari è ristretta. Sono solo le donne che hanno questa possibilità grazie non ad una, ma a due misure. E se nel 2022 le misure sono perfettamente valide, non è detto che si prosegua così anche nel 2023, visto che il sistema rischia di essere modificato.
Per una volta, essere donna avvantaggia sulle pensioni
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In genere si tende a considerare le donne penalizzate dal punto di vista pensionistico. Oggi, però, si parla di due misure pensionistiche che fanno esattamente il contrario, cioè avvantaggiano proprio le donne. Una misura è destinata pure agli uomini, ma meno vantaggiosa come età di pensionamento. Un’altra, invece, è nata ad uso esclusivo proprio delle donne. La prima si chiama pensione di vecchiaia anticipata, l’altra invece si chiama regime sperimentale contributivo donna (cosiddetta opzione donna).
Uscita da 56 a 59 anni per le lavoratrici
Due misure diverse e in entrambi i casi le lavoratrici possono lasciare il lavoro prima dei 60 anni di età. Una addirittura 4 anni prima del sessantesimo anno di età. Infatti, con la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile, le donne escono a 56 anni di età (per gli uomini uscita a 61 anni). La misura è strutturale, non scade e vale anche nel 2023.
Per la pensione bastano 20 anni di contributi versati. Ma serve pure che la diretta interessata abbia problemi fisici e di salute che non consentono alla stessa di rimanere al lavoro a svolgere le mansioni tipiche del suo lavoro.
Infatti, la misura previdenziale che consente l’anticipo più vantaggioso per i lavoratori è proprio la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. Anche nel 2023 potranno lasciare il lavoro quanti vengono riconosciuti invalidi in misura pari ad almeno l’80%, da parte della commissione medica dell’INPS.
Solo le donne in pensione prima dei 60 anni senza anticipate e Quota 41
L’invalidità pensionabile non è da confondere con l’invalidità civile che dà diritto ad alte prestazioni ma non alla pensione di vecchiaia anticipata al 56 anni per le donne o 61 anni per gli uomini.
Questo genere di invalidità, infatti, è più specifica di quella civile dal momento che parla di Manzoni e di attitudini del lavoratore o della lavoratrice. In altri termini serve quella invalidità che non permetta agli interessati di proseguire la loro attività lavorativa, nel campo specifico e nel settore altrettanto specifico.
Non a 56 anni ma a 58 per le lavoratrici dipendenti o a 59 anni per le autonome è ciò che invece consente l’opzione donna. Si tratta di una misura che scade il prossimo 31 dicembre e che al raggiungimento dei 35 anni di contributi entro una determinata data permette il pensionamento alle età prima citate.
Sia i contributi che l’età devono essere completati entro la fine dell’anno precedente quello in cui si va in pensione. In pratica, per il 2022 entrambi i requisiti andavano completati entro la fine del 2021. Se la misura diventerà stabile, o anche solo per una eventuale proroga al 2023, è probabile che i requisiti da completare verranno spostati al 31 dicembre 2022.
Solo le donne in pensione prima dei 60 anni senza anticipate e Quota 41 quindi, perché altre strade il sistema non ne offre.
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