Dopo le ferie estive, gli italiani tornano al lavoro. Molti di loro non sanno tuttavia se e per quanto tempo potranno continuare a farlo da casa o dovranno tornare in ufficio, spostandosi, incontrando colleghi e riprendendo le vecchie abitudini. Superata la fase emergenziale causata dalla pandemia, nella quale è stato garantito a tutti, lavoratori pubblici e privati, il lavoro da remoto e la conciliazione della vita lavorativa e familiare, oggi si torna a discutere di proroga o cessazione di smart working.
L’Esecutivo e i sindacati avanzano proposte, nella consapevolezza che il lavoro da remoto è stato e resta molto gradito agli italiani. Il 73% di loro, infatti, vorrebbe mantenerlo nei mesi autunnali ed il 40% desidera farlo durare anche nell’estate 2022.
Smart working si o no: gli italiani ripartono nell’incertezza
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Adottato improvvisamente a marzo 2020, lo smart working, in quel periodo sconosciuto ai più, ha garantito la sicurezza dei lavoratori nell’emergenza sanitaria e l’erogazione dei servizi nel settore pubblico e privato. Lavorando da casa, gli italiani hanno imparato a gestire al meglio il proprio tempo. Hanno abbattuto lo stress da spostamento casa ufficio e recuperando tempo prezioso da dedicare ai propri interessi.
Le ricerche condotte da svariati Istituti hanno rilevato che il livello dei servizi è rimasto invariato, se non addirittura migliorato e che l’apparato pubblico è diventato più efficiente. Dopo un’iniziale diffidenza generale e superate le difficoltà legate al malfunzionamento degli strumenti telematici e delle connessioni, le persone hanno imparato ad apprezzarne i vantaggi al punto da non poterne più fare a meno. A volte lo smart working è diventato motivo di stress. Soprattutto per chi, come le donne, ha visto gli impegni lavorativi aumentare e accavallarsi alle incombenze domestiche.
Il diritto alla disconnessione
Spesso è venuta a mancare la giusta separazione tra sfera lavorativa e sfera privata. Ma anche il riconoscimento del sacrosanto diritto alla disconnessione, con turni di lavoro triplicati e pause dimezzate. Lo smart working è di fatto tuttavia uno strumento utile e gradito ai più. Da qui il dibattito di oggi sulla necessità di prorogarlo, almeno fino alla fine di settembre. L’Esecutivo ne vaglia la prosecuzione sulla base di un accordo quadro volontario fra le parti sociali e con il supporto di incentivi fiscali (il Bonus smart working introdotto dal decreto sostegni e prorogato per tutto il 2021).
In vista del superamento della normativa di emergenza, si discute sul mantenimento di modalità di lavoro miste, da remoto e in presenza, mentre nel settore pubblico, il Ministro della Pubblica Amministrazione ne propone una drastica riduzione. In un recente intervento al Festival dei Sensi in provincia di Brindisi, Brunetta ha ricordato che molte attività legate alla ripartenza dell’economia necessitano di essere gestite in presenza. Inoltre, un recente studio economico (report Mazziero Research) ha ipotizzato che un eventuale ritorno negli uffici varrebbe il 2% di PIL e gioverebbe all’economia del Paese.
La riscoperta dei borghi e delle campagne
Ma c’è anche un altro aspetto da non trascurare: lo smart working ha portato anche alla riscoperta dei borghi e delle campagne. Fuggiti dal caos delle città, gli italiani hanno riaperto le seconde case o acquistato residenze in piccoli centri. Lavorando da remoto, hanno riapprezzato i ritmi e gli stili di vita dei paesi. Con ricadute economiche positive sul ripopolamento delle campagne e degli hinterland delle città. Si auspica che tali effetti positivi non si perdano nei prossimi mesi, continuando lo smart working nei borghi e animando il tessuto sociale dei piccoli centri diventati oggi sedi aziendali diffuse. Questo consentirebbe ai lavoratori di migliorare i ritmi di vita e creerebbe occasioni di sviluppo e opportunità di crescita in loco. Gli italiani, quindi, ripartono nell’incertezza e il quesito è sicuramente smart working si o no.