Smart working al capolinea, nuove regole nelle imprese e Brunetta lo limita nella PA

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La ripresa economica e la transizione digitale, tanto cara al premier Mario Draghi, si confrontano con orientamenti molto diversi e con progetti divergenti sia in seno al Governo che tra le organizzazioni di imprese e lavoratori. Basta col telelavoro, tuona il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Lo stato di emergenza sta finendo, dunque si torni in ufficio a partire da ottobre. Per gli statali il lavoro agile dovrebbe riguardare non più del 15% del numero totale dei lavoratori. Ma nel settore privato, dove, secondo l’ISTAT, il lavoro da casa è passato da 5% al 47% nel 2020 e ora viaggia sul 20%, le cose potrebbero andare diversamente. Anche Confindustria ci sta ragionando sopra, naturalmente prima di un confronto con i sindacati che si annuncia complesso e non facile. Vediamo cosa si prepara con l’aiuto della Redazione Attualità di ProiezionidiBorsa.

Perché il ministro Brunetta dice di no

Il d-day potrebbe essere il 23 settembre, giorno in cui potrebbe essere approvata la norma per il rientro in ufficio dei dipendenti pubblici. Ma prima bisognerà vedere cosa succede a proposito di Green Pass. L’unica cosa che si sa sono i numeri definitivi di questa esperienza nel settore pubblico. A gennaio 2020 solo il 2% dei dipendenti statali lavorava da casa, poi sono passati al 63% in piena pandemia. Oggi la quota di telelavoro nella Pubblica Amministrazione riguarda il 40% degli addetti. Tale dato potrebbe ridursi al 15% se diverrà decreto la proposta del Ministro Brunetta. Egli punta il dito su un fattore chiave: la scarsa produttività del lavoro a distanza per la ‘macchina statale’. In effetti durante l’emergenza digitale non c’è stato il tempo di mettere a punto la ricetta giusta per attuare controlli efficaci.

Smart working al capolinea, nuove regole nelle imprese e Brunetta lo limita nella PA

Dunque, fino a ieri le amministrazioni potevano fare ricorso al lavoro agile. Ma a condizione che «l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini e imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza». Ora, però, è chiaro che le cose cambieranno. Se passasse il nuovo decreto, sarebbero i dirigenti degli uffici ad avere la responsabilità di ricorrere al lavoro agile. Stabilendo volta per volta quando e con quali modalità ciò sarà utile e possibile.

Ritorno alla normale operatività, ma smaltendo gli arretrati

Insomma, smart working al capolinea, nuove regole nelle imprese e Brunetta lo limita nella PA. Infatti, il ministro in questi mesi ha auspicato la fine della stagione del ‘digitale d’emergenza’ e l’avvio di un ripristino progressivo della normale operatività negli uffici pubblici. I lavoratori di questo settore devono anche recuperare una mole di lavoro arretrato notevole accumulatosi negli ultimi mesi. Un dato questo confermato dall’allarme di Confartigianato e ANCI che hanno più volte sottolineato la lenta evasione delle pratiche nel 2021 e la montagna di risposte inevase ai quesiti posti via email.

Ma le imprese strizzano l’occhio allo smart working stabile

Il telelavoro, inteso come trasferimento di lavoro dall’ufficio a casa è una formula che le imprese sono pronte ad archiviare. Ma molte però sono favorevoli allo smart working. Inteso nel suo significato più corretto: approccio flessibile al lavoro, gestione in autonomia di quando e come lavorare per 1 o due giorni alla settimana. Le imprese puntano sui tangibili vantaggi di questa modalità che vanno ben oltre il taglio dei costi che si ottiene tenendo chiusi gli uffici. Eccoli: maggiore produttività, migliore flessibilità, migliore qualità della vita personale, riduzione della produzione di anidride carbonica. E anche, sul medio termine, minor rischio di contagio da virus.

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