L’obbligo di lavoro nei comuni è solo sulla carta se prendi il reddito di cittadinanza. Attualmente, infatti, per i percettori del sussidio la probabilità di essere chiamati dai comuni è pari al 5%. In quanto i comuni che hanno attivato i Progetti Utili alla collettività (PUC) sono ad oggi solo 400 su 8.000.
A fornire ed a confermare questi numeri via Facebook è stato Luigi Di Maio, il ministro degli Esteri. E già ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e dello Sviluppo economico. Quindi, se prendi il reddito di cittadinanza l’obbligo di lavoro nei comuni è solo sulla carta. E c’è pure da dire che quello svolto per i comuni non è un lavoro retribuito. Ma proprio utile alla collettività perché chi prende il sussidio è obbligato a restituire qualcosa.
Perché se prendi il reddito di cittadinanza il lavoro non si trova
Pur tuttavia, tra i tempi tecnici e burocratici, e la pandemia di coronavirus cosa non funziona? Proprio la fase 2 del reddito di cittadinanza tra le offerte di lavoro dei Centri per l’impiego. Che sono poche e che spesso i percettori occupabili del sussidio rifiutano. Ed i Progetti Utili alla collettività che allo stesso modo stentano a decollare.
Come funziona il lavoro nei comuni per chi prende il reddito di cittadinanza
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Ma chi viene chiamato dal comune per lavorare cosa deve fare? Se in famiglia si prende il reddito di cittadinanza scatta l’obbligo per tutti i percettori occupabili. Di svolgere lavori socialmente utili alla collettività. Ogni comune avvia i PUC con i percettori del sussidio obbligati a lavorare gratis 8 ore a settimana. Ma il numero di ore può essere elevato anche fino a 16 a settimana.
I Progetti Utili alla collettività possono essere messi a punto ed attuati dai comuni in tanti ambiti. Dai progetti di utilità sociale a quelli artistici, e passando per la formazione e per la cultura. Ma anche ambiente e tutela dei beni comuni.
La messa a punto dei PUC è a cura dei comuni come sopra detto. Ma le amministrazioni comunali possono comunque attuare i Progetti Utili alla collettività avvalendosi di partner. In genere, e comunque nella maggioranza dei casi, si tratta di enti del terzo settore. In linea peraltro con le linee di indirizzo fornite al riguardo dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.