Matteo Paganini, Managing Director – Italy di Pepperstone fornisce per i nostri Lettori una lettura oculata del contesto economico finanziario attuale. Fondata nel 2010 la società Pepperstone offre «un mondo tecnologico per il trading in cui i trader più esigenti possano accogliere le sfide e le opportunità offerte dai mercati globali». Da Melbourne, in Australia, la società in poco tempo ha raggiunto uno spessore segnato dalla professionalità delle risorse in campo. In ultimo Pepperstone ha sponsorizzato l’ATP Tour mondiale di tennis, che questo weekend ospiterà le finali Internazionali di Tennis d’Italia a Roma. Con Matteo Paganini proviamo a comprendere la situazione attuale dei mercati in un periodo storico di particolare delicatezza.
Da poco il Ministro per la Transizione ecologica ha chiaramente detto che siamo in un’ economia di guerra. Questa affermazione può generare timori. Quali ripercussioni sull’economia e i mercati?
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«L’affermazione è molto forte e ha certamente un suo peso. Per il riverbero possibile sui mercati è molto pericoloso»
Perché?
«Vede, io sono un euroscettico, ma non per un fatto di empatia. Tecnicamente l’euro fa fatica a funzionare. Il punto è che abbiamo creato un sistema di cambi fissi, con una moneta unica (ed un suo unico tasso di riferimento) con tanti rendimenti diversi dei titoli di Stato. Siamo di fronte al potenziale innescamento di nuovi meccanismi di spread (differenza, divario) tra i Paesi percepiti come più deboli e che potrebbero essere messi in difficoltà da un rialzo di tassi da parte della BCE. Questo sia per combattere l’inflazione, che la discesa dell’Euro (che aumenta l’inflazione importata) e quelli più forti (che verrebbero messi in difficoltà se la Bce non alzasse i tassi). Distorsioni che si accentuano dunque in un momento come questo in cui i tassi d’interesse non possono essere nè innalzati nè mantenuti fermi.
Non possiamo contare su strumenti eccezionali di politiche monetarie che sono tendenzialmente esauriti. In generale, l’economia di guerra citata però, si riferisce non tanto e non solo al nostro Paese, ma ad una situazione generale. Nei fatti la dichiarazione non ha un grande peso sui mercati perché la situazione è già sbilanciata e complicata. Riguarda maggiormente il lato dell’inflazione legato alla catena dell’offerta e all’innalzamento dei prezzi delle materie prime. Non tanto la quantità di massa monetaria circolante o la velocità di circolazione della moneta».
Intanto siamo in un tempo particolare….come investire in tempo di guerra?
«A mio parere occorre dire, a prescindere da qualsiasi tipo di strumento finanziario sul quale si investe, di porre parecchia attenzione a momenti come questi e ad utilizzare delle leve finanziarie contenute. Il rischio va sempre gestito, ma mai come in questi casi che comunque offrono delle escursioni mediamente più volatili rispetto alla media storica. Ciò permette di raggiungere gli obiettivi potenziali monetari assoluti, anche con esposizioni più basse a mercato. La liquidità è ottima ed il funzionamento dei mercati e le nostre esecuzioni sono eccellenti».
Quindi…?
«Ad ogni modo per gli investitori è utile guardare l’obbligazionario perché sta tornando ad essere un’asset class in grado di generare rendimenti. É utile non costruire delle duration superiori ai due anni con flussi di pagamento potenzialmente semestrali, in modo tale da essere liquidi e flessibili. Così si riescono magari a sfruttare i cambiamenti di occasioni che si susseguiranno sempre più velocemente. Nel settore azionario siamo in un momento di impasse, i capitali non sono ancora usciti pesantemente dalle Borse che rimangono, per il momento, ancora un asset su cui cercare dei rendimenti ma soltanto a livello intraday.
Per studiare posizionamenti, occorre che si inneschino delle correlazioni che vedono valute a tassi bassi vendute sul mercato, a finanziamento dell’acquisto di rischio. Allora, con la rottura dei primi livelli di resistenza, gli indici azionari principali andranno monitorati attentamente per potenziali run di più lunga durata. Quando si capirà il reale ritmo di rialzo dei tassi FED e cosa vorrà fare la BCE, ragioneremo su storni più consistenti».
Cosa consiglierebbe all’investitore di breve e lungo termine?
Intanto se l’economia seguisse il suo corso naturale, potremmo riavere la Lira. «Nel breve periodo il mercato valutario è molto tecnico. Ci sono delle correlazioni che a breve si creeranno tra mercato valutario, azionario e obbligazionario con grafici di breve periodo che tornano interessanti. Punterei su materie prime liquide lavorando sia con correlazioni con il dollaro americano e in maniera combinata con l’analisi geopolitica e tecnica. Ad esempio, se il petrolio tecnicamente dovesse creare delle situazioni potenzialmente ribassiste, occorre essere sempre pronti. Scaltri nel fermare eventuali perdite in caso di notizie che fanno schizzare il prezzo alle stelle».
«Se l’economia seguisse il suo corso naturale, ogni Paese UE dovrebbe tornare alla valuta ufficiale». Le guerre possono rappresentare delle opportunità economiche?
«La guerra precede sempre una ricostruzione e questo significa un’economia che riparte. Però viviamo in un Mondo così diverso, da un punto di vista economico e finanziario, che molti dei modelli economici del passato non funzionano più. A questo punto bisogna essere bravi a capire la velocità di reazione ai diversi shock. L’individuazione del ritmo delle nuove curve di crescita, unitamente all’individuazioni delle diverse correlazioni che spiegheranno i flussi di capitale, saranno elementi indispensabili da monitorare». Sullo sfondo da considerare che se l’economia seguisse il suo corso naturale, rischiamo di abbandonare l’euro.
Cosa succede adesso?
«Siamo al dunque. Ciò che tecnicamente potrebbe accadere, se la Banca centrale dovesse trovarsi costretta (o decidere) a procedere con un ciclo di rialzi sostenuti dei tassi, è che alcune economie si trovino a domandarsi in maniera naturale se l’appartenenza al sistema euro sia ancora (se mai lo fosse stato) conveniente. Questo mette in dubbio la stabilità dell’area monetaria. Tradotto: alcuni Paesi potrebbero avere la necessità di tornare alla propria valuta. Diciamo pure che se l’economia seguisse il suo corso naturale, ogni Paese UE dovrebbe tornare alla valuta ufficiale. Questo consentirebbe degli aggiustamenti per così dire naturali (tra i nuovi diversi tassi di cambio) che invece adesso con l’euro e questa situazione economico-finanziaria non possono più funzionare. Per esempio, per comprare un’auto tedesca bisognava comprare marchi tedeschi vendendo le proprie Lire, con risultato di apprezzamento del marco.
Tutto questo fino a quando il prezzo dell’auto tedesca, pur rimanendo lo stesso in Marchi, diventava troppo alto in Lire (20 milioni invece che 18, per esempio). A quel punto, i consumatori smettevano di acquistare auto tedesche, spostandosi per esempio sulle francesi. Con il risultato di vedere un marco scendere ed un franco apprezzarsi, per via dei meccanismi visti prima. Ora, 1 euro è 1 euro – il che rende l’insieme delle diverse e non eterogenee economie europee un sistema di fatto a cambi fissi, che non ha mai funzionato nella storia. L’unico modo per poter controllare o stimolare questi aggiustamenti è intervenire sul controllo della domanda aggregata tramite la diminuzione dei redditi disponibili (nuove tasse, per esempio), oltre che ad altre misure necessarie».
«Se l’economia seguisse il suo corso naturale, ogni Paese UE dovrebbe tornare alla valuta ufficiale». Chi ha un gruzzoletto in questo momento cosa può fare?
«Per i risparmi è importante non tenerli in liquidità perché il potere d’acquisto scende. Conviene investire. Sul mondo obbligazionario statale è presto, ma è arrivato il momento di vigilare. Un settore che si sta regolamentando è quello relativo alle criptovalute. Qui diversi gestori stanno strutturandosi per poter operare in maniera combinata sia sul mondo cripto (generando rendimenti senza essere esposti alla direzionalità di mercato), sia sul mondo tradizionale.
In questo caso investendo sui mercati meno volatili e più liquidi, con la possibilità dell’utilizzo oculato della leva finanziaria, sia per trader retail che per i più esperti trader professional. In quest’ultimo caso, il servizio che noi offriamo è proprio relativo all’accesso ai mercati finanziari. Questo tramite delle piattaforme online che permettono di contenere i costi e di ottenere la massima efficacia ed efficienza di esecuzione».
La società ha sponsorizzato l’ATP Tour mondiale di Tennis. Prima tappa Roma….
«Si, siamo l’Official Online Trading Partner dell’ATP Tour e il Partner Globale del Pepperstone ATP Rankings, per i prossimi 5 anni. Il primo appuntamento è questo week end a Roma. Crediamo che un’industria come il trading online, che mostra una competizione molto fitta, sia importante dimostrare la propria integrità. Il tennis è uno Sport noto generalmente per la sua integrità e lo stesso ATP, è vista come una delle più affidabili e serie organizzazioni sportive nel Mondo. Il modesto range di sponsor accettati conferma l’alto valore di lealtà dei diversi brand nei confronti della propria clientela. L’accostamento del nostro nome ad altri rispettabili player, crediamo possa essere sinonimo di ulteriore garanzia».
E poi….
«Oltre a questo, cogliamo l’occasione per poter invitare i nostri clienti professionali e trascorrere del tempo insieme, rafforzando i rapporti personali e professionali, in un ambiente sano e di festa. Siamo cresciuti molto. Eravamo meno di 200 persone e attualmente siamo a oltre 400 persone. È un’occasione per poter omaggiare i nostri clienti professionali. Prossimo appuntamento a Torino, dal 13 al 20 novembre». E il messaggio che fa più rumore per voce del Managing Director – Italy di Pepperstone, Matteo Paganini è che se l’economia seguisse il suo corso naturale, torneremo al vecchio conio.
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