«Scenari gravi» se si attacca una centrale per energia nucleare, parla l’ISIN

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Un confronto con l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN) sui rischi per la popolazione da un attacco bellico ad una centrale per energia nucleare. Ne parliamo con il Direttore Maurizio Pernice. Tra i vari spunti in evidenza la sicurezza delle centrali in caso di incidenti da errore umano o di eventi avversi della natura. Tuttavia Pernice sottolinea quel che potrebbe accadere in caso di attacco bellico ad una centrale. La tipologia di rischi per le popolazioni vicine geograficamente e anche per quelle a distanza considerevole.

Da qualche giorno si fa più pressante la minaccia nucleare. Al di là dell’eventualità di una bomba atomica, quali e quante sono le centrali nucleari dedite alla produzione di energia in Ucraina?

«In Ucraina sono attive 4 centrali nucleari in cui sono istallati complessivamente 15 reattori. Nella centrale di Zaporizhzhya ormai dallo scorso agosto, per via delle ripetute azioni belliche i sei reattori presenti nella centrale sono sostanzialmente in condizione di arresto. Per le altre 3 centrali ucraine, le informazioni che fino a qualche settimana fa venivano diffuse riferivano che 8 reattori nucleari su 9 erano in funzione producendo energia elettrica».

Le centrali nucleari per energia dispongono di sistemi di sicurezza (anche in caso di guerra)?

«I sistemi di sicurezza sono un elemento fondamentale presente nella progettazione e realizzazione di un impianto nucleare. Le centrali ucraine dispongono di tali sistemi, aggiornati con stress test anche dopo l’incidente di Fukushima e assicurano grandi capacità di resistenza ad eventi sia di origine naturale, anche estremi, che causati dall’errore umano. Tuttavia, questi sistemi, pur fornendo un elevato livello di sicurezza nei riguardi delle eventuali evoluzioni incidentali dell’impianto, non sono progettati per contrastare azioni di natura bellica dirette verso l’impianto». Infatti non si escludono «scenari gravi» se si attacca con potenti armi da fuoco una centrale che ha la finalità di produrre energia.

Un attacco su una di queste centrali potrebbe provocare danni? Di che tipo?

«Siamo dinanzi a una ipotesi mai verificatasi nella storia e sebbene un impianto nucleare si configuri come un sistema in grado di sopportare sollecitazioni anche molto gravose, non è possibile escludere a priori che in caso di azioni di natura bellica, soprattutto se mirate, si possano sviluppare scenari incidentali gravi. Potrebbe aversi un danneggiamento del nocciolo del reattore e della struttura di contenimento, con rilasci anche molto significativi di radioattività nell’ambiente».

Cernobyl è dismessa e Zaporizhzhya per poco non ha fatto danni. Oggi rispetto a questi due siti cosa potrebbe accadere (se presi di mira da armi missilistiche)?

«Azioni militari contro un reattore nucleare possono, in linea di principio, provocare seri danneggiamenti sia al nocciolo del reattore provocandone la fusione del combustibile nucleare, sia al suo contenimento, l’edificio che contiene il reattore nucleare, realizzato con particolari caratteristiche di resistenza. Per le regioni e le aree più prossime alla centrale si può ipotizzare un impatto radiologico anche molto severo con la necessità di evacuare la popolazione più esposta. Le conseguenze che si avrebbero alle lunghe distanze, come nel caso del nostro territorio, non richiederebbero azioni protettive dirette sulla popolazione bensì l’adozione principalmente di provvedimenti per il controllo e restrizioni nei riguardi fella filiera alimentare».

«Scenari gravi» se si attacca una centrale. Forse per una pura casualità è stato aggiornato il Piano nazionale di sicurezza nucleare. Cosa prevede in sintesi?

«Il piano prevede misure differenziate per incidenti che si verifichino in centrali nucleari entro i 200 km dai nostri confini, in centrali che operano oltre i 200 km ma comunque presenti nella regione europea e, infine, che si verificano in impianti anche molto distanti (si veda, ad esempio, l’emergenza nucleare di Fukushima in Giappone). Nel primo caso, ovviamente a seconda del tipo e della gravità dell’incidente sono previste anche misure di protezione individuale come la iodoprofilassi e la prescrizione di restare in ambienti al chiuso, oltre alle restrizioni alimentari per i cibi che possono essere stati contaminati dal fall out radioattivo. Per gli incidenti oltre i 200 km è previsto che ove la nube radioattiva toccasse aree del nostro paese saranno valutate restrizioni alimentari come accadde, per intenderci ai tempi di Chernobyl (oltre 1200 km dai nostri confini)».

Ancora?

«Infine il Piano prevede anche le azioni che devono essere intraprese nel caso di un incidente ad un impianto ancora più distante, in un altro continente. In questo caso il Piano indica quale attività debbano essere poste in essere a protezione dei concittadini presenti nelle aree colpite dall’emergenza nucleare e come controllare le merci che vengono importate dalle zone interessate dalla ricaduta radioattiva. Ma va ribadito che il piano è programmato per incidenti di natura tecnica o conseguenti a eventi naturali e non certo per attacchi militari alle centrali». In quest’ultimo caso ci sono indicazioni precise da seguire e Pernice ci spiega le fonti autorevoli da cui attingere informazioni per affrontare eventuali «scenari gravi» se si attacca una centrale per energia.

Al di là del fatto che ci sia o meno un’allerta reale, ciascun cittadino europeo cosa dovrebbe sapere? Soprattutto rispetto ad un’eventualità che potrebbe verificarsi?

«Ovviamente la situazione è molto diversa per il cittadino bielorusso o polacco o moldavo rispetto agli italiani a agli spagnoli. E stiamo sempre parlando di una eventualità, quella di un attacco militare deliberato al una centrale nucleare, mai accaduta finora. Per quanto riguarda noi italiani, i rischi sarebbero significativamente attenuati data la grande distanza dall’Ucraina e anche in considerazione dell’andamento dei venti. In ogni caso, ove si accertasse un rischio per aree del nostro territorio, ci sarà da attenersi alle disposizioni della Protezione Civile che in materia ha un piano, cui l’ISIN ha collaborato, anche per la comunicazione tempestiva alla popolazione delle misure adottate e dei comportamenti da tenere».

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