La Cassazione, con sentenza n. 11520/2020, ha sostenuto che la ripartizione della pensione di reversibilità tra ex e nuovo partner, va parametrata alla durata dei rispettivi rapporti. Questa regola vale, con alcuni correttivi equitativi. Quindi, l’attribuzione delle quote della pensione di reversibilità, va effettuata sulla base del criterio primario della durata dei rispettivi rapporti. Nella vicenda decisa dalla Corte, viene respinto il ricorso della seconda partner a cui la Corte d’Appello aveva assegnato il 20% della pensione di reversibilità.
Alla ex moglie era stato assegnato, invece, l’80% del trattamento erogato dall’Inps. Per i giudici di merito, detta ripartizione delle quote a favore della prima moglie andava giustificata dal raffronto tra la durata delle due convivenze. Infatti, quella con la prima moglie, era stata lunga 36 anni, durante la quale erano nati 4 figli, contro i 16 della convivente senza prole. Quindi, il ricorso per Cassazione presentato dalla convivente è stato respinto, in quanto corretta è stata la ripartizione operata dalla corte di merito.
Ripartizione della pensione di reversibilità tra ex e nuovo partner. Il criterio della durata
La giurisprudenza di legittimità, è ferma nel ritenere che la ripartizione della pensione di reversibilità tra ex e nuovo partner deve fondare sul criterio della durata. La norma di riferimento è l’art. 9 della L. n. 898/1970. Oltre, però, al criterio primario della durata, vanno considerati ulteriori elementi come l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto, le condizioni economiche delle due coniugi. Inoltre, rileva la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.
Ciò in forza del principio solidaristico secondo cui il meccanismo divisionale non è strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto. Esso è piuttosto preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico, assolta a favore dell’ex coniuge e del convivente, durante la vita del dante causa. Detta continuazione va garantita, nei confronti dell’ex coniuge, guardando all’assegno di divorzio. Nei confronti, invece, del coniuge convivente, facendo riferimento alla condivisione dei rispettivi beni economici.