I soggetti che perdono il lavoro in maniera involontaria hanno diritto all’indennità di disoccupazione NASpI. L’importo spettante può essere richiesto sia tramite accredito mensile sia per intero, con pagamento anticipato.
Quest’ultima soluzione è prevista soltanto per coloro che decidono di intraprendere un’attività lavorativa autonoma oppure di impresa individuale o di sottoscrivere una quota di capitale sociale di una cooperativa. La misura, infatti, è stata ideata per incentivare l’autoimprenditorialità.
Finora, la normativa vigente prevedeva l’obbligo di restituzione dell’intera somma percepita a titolo di anticipo NASpI per i soggetti che trovavano un nuovo lavoro di tipo subordinato. Una recente sentenza della Corte Costituzionale, tuttavia, ha stabilito che non sempre sussiste tale vincolo, ma che il percettore è esonerato per gli avvenimenti indipendenti dalla propria volontà.
Anticipo NASpI: la Corte Costituzionale chiarisce quando scatta l’obbligo di restituzione integrale
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I disoccupati che hanno ottenuto la NASpI anticipata e interrompono l’attività di lavoro autonomo o di impresa perché vengono rioccupati come dipendenti non devono automaticamente restituire l’intera somma ricevuta.
A stabilire questo principio è stata la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 90/2024. I giudici hanno sostenuto l’eccesiva rigidità della norma che sanciva la restituzione totale dell’anticipo della NASpI, a prescindere dalla causa alla base dell’interruzione dell’attività da parte del percettore.
In ottemperanza al principio di equità, invece, è essenziale distinguere la cessazione volontaria da quella derivante da cause imprevedibili. Per la Corte Costituzionale, in altre parole, deve sempre essere valutato il rischio d’impresa; se l’attività iniziata dal disoccupato dovesse fallire per eventi di forza maggiore prima della scadenza dell’indennità NASpI, sarebbe ingiusta una punizione troppo severa.
Cause di forza maggiore anticipo NASpI: tutte le circostanze ricomprese
La sentenza è stata recepita dalla Circolare INPS n. 36/2025, che ha chiarito che l’Istituto procederà all’accertamento della possibile sopravvenienza di cause imprevedibili non riconducibili alla volontà all’interessato e, soltanto in assenza delle stesse, notificherà il provvedimento di indebito relativo all’indennità erogata. In caso contrario, la restituzione delle somme sarà limitata alla durata del rapporto di lavoro subordinato.
Il lavoratore avrà 30 giorni di tempo per inviare la documentazione attestante le cause di forza maggiore. Tra queste ultime, vi rientrano:
- calamità naturali con stato di emergenza (come terremoti, alluvioni, frane, uragani);
- conflitti bellici straordinari e imprevedibili;
- incendi improvvisi non riconducibili al beneficiario;
- distruzione o guasti gravi delle attrezzature aziendali per eventi fortuiti;
- restrizioni sanitarie legate a pandemie o epidemie;
- provvedimenti giudiziari che rendono impossibile la prosecuzione dell’attività lavorativa.
Se, invece, l’interruzione del lavoro autonomo o di impresa avviene per ragioni ordinarie, l’interessato sarà obbligato a restituire l’intera somma percepita come NASpI anticipata. A titolo esemplificativo, chiariamo che non sono considerati eventi di forza maggiore:
- il fallimento per cattiva gestione;
- i problemi finanziari non riconducibili a cause straordinarie;
- le scelte strategiche sbagliate;
- la perdita di clienti o il calo delle vendite;
- la chiusura volontaria dell’attività;
- i procedimenti fallimentari ordinari.