Riforma delle pensioni al palo, oppure appesa ad un filo o ancora, impossibile da varare. Le difficoltà che il Governo sta incontrando per la riforma delle pensioni sono evidenti. Perché le risorse a disposizione sono scarne. Nonostante tutto sono tante le ipotesi che si fanno sulle nuove pensioni. Ipotesi frutto di proposte più o meno fattibili e più o meno futuribili. Quota 41, quota 96 o la Quota 100, vediamo di cosa si tratta.
Tante le misure sul tavolo quindi, e sono tutte piuttosto favorevoli come uscita dal mondo del lavoro. Alcune però riscuotono un maggiore appeal, anche soltanto a parlarne. Quota 41, quota 96 o la Quota 100, ecco le nuove pensioni che piacciono a tutti.
Le novità previdenziali, quali sono quelle che possono essere introdotte nei prossimi anni?
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Allo stato attuale delle cose probabilmente la riforma delle pensioni non vedrà i natali nel 2024. Troppo stretto il tempo che c’è per varare la Legge di Bilancio dove, nel pacchetto pensioni, dovrebbe fare capolino l’eventuale riforma. Più facile che si guardi alla legislatura, nel senso che se riforma deve essere, questa verrà fatta entro la fine degli anni di durata di questo Governo. Una cosa che può essere considerata probabile è che, una volta chiusa l’esperienza con questo Governo di centrodestra, le pensioni verranno di molto modificate. A partire dal varo di quella quota 41 per tutti che ha nella Lega di Matteo Salvini, il partito che maggiormente la vede come una soluzione ai mali del sistema.
Quota 41, quota 96 o la Quota 100, ecco le nuove pensioni che piacciono a tutti
La Quota 41 per tutti consentirebbe a chiunque, dal lavoratore dipendente all’autonomo, dal lavoratore del settore privato a quello pubblico, di andare in pensione senza alcun limite di età al solo raggiungimento dei 41 anni di contributi. Ultimamente però prende piede l’idea di ritornare alla Quota 96. Parliamo di una misura che funzionava prima della riforma Fornero.
Fu proprio il Governo tecnico di Mario Monti, con la Legge che prende il nome della professoressa che all’epoca era ministra del Lavoro, a cancellare le pensioni di anzianità tra cui anche la Quota 96. Adesso se ne riparla anche se in versione differente. Prima la misura permetteva di andare in pensione con 35 anni di contributi e 60 anni di età (sempre raggiungendo la quota 96). Oggi si pensa a limitare la facoltà a partire da chi ha compiuto 61 o 62 anni. Magari impostando un obbligo di calcolo contributivo della prestazione per tagliare l’assegno e rendere meno appetibile la misura.
Una nuova quota 100?
Se la Quota 96 antecedente la riforma Fornero ha lasciato un senso di nostalgia nei lavoratori che la vedevano come una misura assai favorevole, lo stesso è accaduto nel 2021 con la quota 100. Varata con il decreto n° 4 del 2019, dal primo Governo del Premier Giuseppe Conte (in quel decreto anche il reddito di cittadinanza), la misura ha funzionato per 3 anni. Ed ha consentito di accedere alla pensione a partire dai 62 anni di età con 38 anni di contributi.
Dal primo gennaio 2022 la misura venne sostituita dalla quota 102, che ai 38 anni di contributi ha aggiunto 64 anni di età e quindi 2 anni di peggioramento nell’età di uscita. Nel 2023 invece, al posto della quota 102 è stata introdotta la quota 103, con l’età che è tornata a 62 anni ma con i contributi che sono saliti a 41 anni. Evidente che il solo parlare di una pensione a 62 anni con 28 di contributi con una nuova quota 100, faccia brillare gli occhi a tutti.
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