Le difficoltà nella minzione potrebbero essere determinate da fattori ostruttivi.
Il dolore, l’intermittenza del getto, la sensazione di incompleto svuotamento vescicale potrebbero essere campanelli d’allarme tali da ipotizzare una ipertrofia prostatica benigna. Sarà naturalmente lo specialista urologo a diagnosticare l’eventuale patologia.
Fino a qualche anno fa l’ingrossamento della ghiandola prostatica veniva affrontato con interventi tradizionali qualora l’ostruzione derivante dalla prostata fosse tale da impedire il normale deflusso dell’urina.
Da alcuni anni la chirurgia avrebbe messo a punto un sistema endoscopico grazie al quale l’accesso avverrebbe per via trans-ureterale. Ma esisterebbero anche altre tecniche che consentirebbero una ripresa più veloce.
Questa sarebbe la cura per il dolore quando si fa la pipì e si ha stimolo frequente adatta a chi ha più di 50 anni
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A partire dagli anni Novanta la tecnica endoscopica si è affinata attraverso l’utilizzo del laser. Esisterebbe infatti un trattamento denominato HOLEP. Gli urologi si avvalgono di un laser ad Olmio molto potente ma che avrebbe una scarsa penetrazione nei tessuti. Questo strumento consentirebbe di tagliare i tessuti con precisione e in maniera poco traumatica determinando un sanguinamento irrisorio. HOLEP agevolerebbe anche la ripresa post operatoria perché consentirebbe di rimuovere il catetere dopo circa un paio di giorni, dimezzando così i tempi di degenza rispetto all’intervento tradizionale.
Inoltre sarebbe possibile l’asportazione di adenomi voluminosi per i quali normalmente si ricorrerebbe ad un intervento a cielo aperto.
Esisterebbe anche un’altra tecnica mini invasiva da eseguire in day hospital o in regime ambulatoriale, vediamo di cosa si tratta.
Quando potrebbe convenire scegliere Rezum o HOLEP
Si potrebbe ricorrere anche ad una tecnica che si esegue senza anestesia o con una blanda sedazione. Si chiama Rezum e sfrutterebbe il vapore acqueo per ridurre di volume la prostata.
Questo sistema utilizzerebbe le radiofrequenze per generare energia termica sotto forma di vapore acqueo. Il vapore verrebbe iniettato nelle cellule della prostata e, raffreddandosi, ne provocherebbe la necrosi. La morte delle cellule ridurrebbe il volume di questa massa ostruttiva. Si tratterebbe dunque di una ablazione prostatica che sembrerebbe efficace nel trattamento di pazienti con ritenzione urinaria. I vantaggi sarebbero da ricercare nella breve durata dell’intervento che si aggirerebbe attorno ai 20 minuti e l’esecuzione in day hospital senza somministrazione di anestesia.
Gli effetti completi sembrerebbero valutabili dopo circa 3 mesi dall’intervento, momento in cui sarebbe possibile anche la sospensione dei farmaci che lo specialista avrà cura di prescrivere. Già dopo qualche settimana sembrerebbero degni di nota sia il miglioramento nella capacità di urinare che la riduzione degli stimoli notturni.
Questa sarebbe la cura per il dolore quando si fa la pipì. Quindi esisterebbero oggi molteplici soluzioni sempre meno invasive. Grazie al consiglio del medico di fiducia sarà semplice intraprendere la strada più adatta per migliorare la qualità della propria vita.
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