I cittadini che ricevono in eredità un bene immobile o un diritto reale immobiliare sono tenuti a presentare la dichiarazione di successione. Si tratta di un atto che deriva dal trasferimento della proprietà di un bene alla morte del suo titolare. Può trattarsi tanto della successione legittima prevista dal nostro ordinamento, quanto di una data disposizione testamentaria.
In entrambi i casi, tuttavia, spesso la dichiarazione prevede il versamento di un’imposta per chi beneficia dell’attivo ereditario. Tra i vari destinatari, vediamo ad esempio quanto paga moglie o figlio all’Agenzia delle Entrate come tassa a seguito di questo arricchimento patrimoniale.
Chi deve occuparsi di presentare la dichiarazione di successione
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Nel solco della semplificazione dei rapporti contribuenti-Fisco, dal 2017 la dichiarazione di successione può inviarsi anche in remoto. Grazie all’applicativo AdE è sufficiente installare sul PC l’apposito programma, compilare il relativo file corredato dei documenti, salvarlo e inviarlo.
L’incombenza della presentazione della dichiarazione ricade, entro 1 anno dalla sua apertura, sui chiamati all’eredità e ai legatari. Oppure sugli amministratori dell’eredità e i legatari dell’eredità giacenti o gli esecutori testamentari. Lo stesso dicasi infine in merito agli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente.
La Legge prevede dei casi in cui vige l’esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione all’AdE. Tra questi citiamo quello in cui l’eredità, di valore non superiore ai 100mila euro, è devoluta al coniuge superstite e ai parenti in linea retta del de cuius. Inoltre l’attivo ereditario non deve comprendere beni immobili o diritti reali immobiliari.
Quanto paga moglie o figlio all’Agenzia delle Entrate come tassa e quale franchigia si applica sul patrimonio
La storia recente dell’imposta di successione è stata relativamente movimentata. Infatti si è passati dalla sua riduzione ad opera del Governo Amato II nel 2000 alla sua abolizione con l’Esecutivo Berlusconi II (Legge n. 383 del 18 ottobre 2001). Infine venne ristabilita dal Governo Prodi II attraverso il D.L. 262/2006.
Quest’ultimo Decreto, quindi, è l’attuale fonte per conoscere quali aliquote e quali franchigie si applicano in tema di imposta di successione e donazioni. In particolare, il comma 48 dell’art. 2 del suddetto D.L. prevede che le aliquote siano pari al:
- 4% nel caso dei trasferimenti a beneficio del coniuge superstite o dei parenti in linea retta, sia ascendenti che discendenti. Quanto alla franchigia, la soglia è di 1 milione di euro moltiplicata per il numero dei beneficiari;
- 6% nel caso dei trasferimenti in favore di sorelle e fratelli. In questo caso la franchigia scende a 100mila euro moltiplicata per il numero dei beneficiari;
- 6% nel caso dei parenti fino al 4° grado. Idem nel caso dei trasferimenti verso gli affini in linea collaterale fino al 3° grado;
- 8% in tutti gli altri casi, aliquota che si applica sul valore complessivo netto trasferito. Inoltre in questa come nella casistica precedente la Legge non prevede l’applicazione di franchigie sul valore del patrimonio trasferito.
Infine precisiamo che nel caso in cui il beneficiario sia portatore di handicap grave ai sensi della Legge 104/1992, s’innalza la franchigia. Infatti l’imposta di successione trova applicazione solo sul valore della quota trasferita pari a 1,5 milioni di euro.
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