Quando si può risarcire il danno da demansionamento

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L’articolo 2103 del codice civile impone al datore di adibire il lavoratore alle mansioni per cui è stato assunto. Questo almeno per due ragioni. La prima è che il contratto di lavoro è pur sempre un contratto, cioè un accordo. È vero che il datore di lavoro ha un potere di coordinamento e indirizzo dell’attività dei propri dipendenti ma non può fare tutto ciò che vuole. Infatti, è vincolato a rispettare il contratto stesso e la legge. Ad esempio, è obbligato a rispettare l’orario di lavoro concordato, pagare lo stipendio previsto dal contratto. Non solo, ma appunto adibire il dipendente alla funzioni per cui è stato assunto. Il contratto, infatti, ha avuto ad oggetto lo svolgimento di quei compiti, l’accordo è caduto su quelle precise mansioni. Dunque, il datore non può modificarle come crede.

La seconda ragione, per cui il dipendente va adibito alle mansioni per cui è stato assunto, riguarda la conservazione della professionalità del dipendente. Se, infatti, il lavoratore ha studiato e si è formato per svolgere un certo ruolo, gli causerebbe un danno essere assunto per quel ruolo e, poi, demansionato. Questi sono due dei principali motivi per cui il datore non può generalmente attribuire mansioni inferiori ai propri dipendenti.

Il danno da demansionamento

Questo principio, lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza 29197 del 2021. Con questo provvedimento i giudici hanno spiegato quando si può risarcire il danno causato dal demansionamento. Infatti, come detto normalmente, la sostituzione unilaterale della mansioni al dipendente è vietata. In un altro recente provvedimento i giudici hanno spiegato, invece, quando il demansionamento è ammesso dalla legge. I giudici ricordano come il Decreto 81 del 2015 ammetta il demansionamento in due casi eccezionali.

Quando si verifichi una modifica aziendale strutturale, e questo incida in negativo, obbligatoriamente, sulle mansioni dei dipendenti. Oppure quando i contratti collettivi prevedano il famoso patto di declassamento. È direttamente il contratto collettivo nazionale di categoria a consentire, in certi casi, la modifica, in peggio, delle mansioni dei dipendenti.

Quando si può risarcire il danno da demansionamento

Fuori da questi due casi la legge vieta il demansionamento. La Cassazione, nell’ordinanza ricordata, ha ribadito che il demansionamento può portare ad un danno risarcibile per il dipendente. Questo, infatti, potrà chiedere i danni al datore di lavoro. Intanto quelli per perdita di occasioni e di maturare un’esperienza professionale adeguata alle sue competenze. In secondo luogo, i giudici ritengono risarcibili anche i danni morali causati dal demansionamento stesso.

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