Un dilemma che da sempre interroga (senza peraltro ricavare risposta) gestori e operatori di Borsa attiene all’atteggiamento tipico del risparmiatore medio. Ossia quando il risparmiatore deve comprare non lo fa. Perché? I mercati finanziari si muovono al rialzo e al ribasso cambiando di continuo il prezzo delle azioni. A cascata ciò si ripercuote anche sul valore netto di quella parte del nostro portafoglio investito in Borsa. Ora, di recente i listini azionari mondiali hanno massacrato le azioni di mezzo mondo, i cui prezzi in alcuni casi si sono dimezzati nel giro di un mese scarso. Quindi verrebbe da supporre: in questi giorni ci sono state le file in banca per andare a fare incetta di titoli, commodity, certificati, ETF e quant’altro?
Neanche per sogno. Anzi, i dati testimoniano l’esatto contrario contrario.
Secondo mese consecutivo di riscatti
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Per il secondo mese consecutivo l’industria dell’asset management ha registrato deflussi da paura. Ossia clienti che hanno scritto ai loro gestori per vendere le rispettive quote di pertinenza. A gennaio il saldo era stato -4,7 mld di euro, mentre a febbraio l’emorragia è stata di mezzo mld. A essere stati maggiormente colpiti, i fondi azionari e quelli flessibili, le cui masse si sono spostate sugli obbligazionari e i monetari. Se il mercato crolla, è giusto vendere. Non fa una grinza.
Tuttavia è palese che quando il risparmiatore deve comprare non lo fa. Perché? È in parte un mistero che potrebbe spiegarsi con l’effetto-terrore che si genera nei risparmiatori quando gli eventi prendono sbandate profonde e improvvise. Probabilmente il flusso di notizie dalla tv, il clima di sfiducia e di incertezza portano a tirare i remi in barca ed attendere il sole. Ma è un modo di fare proficuo per il risparmiatore. Probabilmente no, per almeno un grosso motivo.
L’errore di fondo che solitamente si compie
Spieghiamo perché riteniamo che quando il risparmiatore deve comprare non lo fa. Perché? Vediamolo con un esempio. Il signor Rossi da mesi segue un appartamento in vendita, il cui prezzo negli ultimi 10 anni è passato da centomila di 10 anni fa a 200mila € di adesso. Diecimila euro in più l’anno. Poi all’improvviso, per gravi motivi personali del venditore, quel prezzo scende improvvisamente portandosi ad esempio a €110/120.000. Ne avrà approfittato il signor Rossi per chiudere l’affare? Assolutamente no, assurdo. Ha avuto paura e ha cambiato obiettivo. Cioè: a €200.000 era vigile ad approfittare di un possibile 5/10% di sconto per comprare; poi se si ritrova uno del 40% la risposta è? “No, grazie”!
Diversificazione sempre
Il segreto nella sana gestione del proprio portafoglio sta in (almeno) due strategie possibili. La prima, diversificare sempre: non è saggio riporre tutte le uova in un solo paniere. Se si dovesse cadere, la frittata sarebbe bella e pronta! È importante invece prediligere asset scorrelati, che si muovono cioè indipendentemente gli uni dagli altri. Ad esempio azioni (o ETF sugli indici) ed obbligazioni, nei pesi giusti a seconda delle stagioni dei mercati. La seconda si chiama rotazione del portafoglio: ossia, man mano che i miei titoli salgono nel corso degli anni posso pensare di scemarne gradualmente la posizione. In tal modo difenderei quei profitti da capitale spostandone i soldi su asset difensivi, che alla prossima tempesta perfetta liquiderò immediatamente. Per comprare la “casa dei sogni” che nel volgere di un mese mi viene offerta col 40% di sconto. Questo sì che – in buona parte – ha tutte le sembianze dell’affare!