Quando è possibile fruire del congedo di 2 anni per se stessi e per i familiari non conviventi

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I lavoratori con patologie gravi o che assistono un familiare, sono tutelati dalla legge. Infatti, è previsto per i lavoratori “caregiver” un congedo di due anni retribuito e coperto da contributi figurativi (Legge 151). Esiste un altro congedo per gravi motivi familiari, che permette di fruire di due anni per sé stessi o per assistere il familiare. Analizziamo quando è possibile fruire del congedo di 2 anni per se stessi e per i familiari non conviventi.

Congedo per assistere il familiare senza il requisito di convivenza

Possono usufruire del congedo per gravi motivi i dipendenti del settore privato e pubblico in base al grado di parentela. Il congedo può essere richiesto per: coniuge; figli (legittimi, illegittimi, naturali o adottivi); genitori, sorelle e fratelli, parenti o affini al terzo grado di parentela.

Quando è possibile fruire del congedo di 2 anni per se stessi e per i familiari non conviventi? A differenza del congedo straordinario Legge 151 di due anni, nel congedo per gravi motivi non è richiesta la convivenza. Questo significa che il lavoratore può chiedere il congedo biennale, anche se non ha la residenza con il familiare d’assistere.

Questo tipo di congedo non è retribuito e permette l’astensione dall’attività lavorativa solo in presenza di particolari motivazioni.

Quando è possibile fruire del congedo di 2 anni per se stessi e per i familiari non conviventi: le motivazioni

Le motivazioni che permettono di godere del congedo di due anni nell’arco della vita lavorativa sono:

a) il decesso di un familiare e necessità di occuparsi della famiglia;

b) necessità che comportano l’impegno del lavoratore nell’assistenza a un familiare;

c) situazioni di disagio personale, sono esclusi i periodi di malattia.

Infine, situazioni riferite direttamente al lavoratore derivanti dalle seguenti patologie acute e croniche che:

a) richiedono perdita dell’autonomia personale in tutto o in parte;

b) richiedono l’assistenza continua di monitoraggi, analisi strumentali, eccetera;

c) prevedono la partecipazione attiva di un familiare nel trattamento clinico sanitario;

d) prevedono un programma terapeutico ben delineato (patologie legate all’età evolutiva e dell’infanzia).

Il datore di lavoro può negare il congedo motivando le ragioni di diniego. Il datore di lavoro deve comunicare al dipendente la risposta di diniego o di accettazione del congedo, entro dieci giorni dalla richiesta da parte del lavoratore.

Il dipendente che usufruisce del congedo per gravi motivi, ha diritto alla conservazione del posto di lavoro. Non ha diritto alla retribuzione e il congedo chi non è coperto da nessun tipo di contribuzione. Nel periodo di congedo il lavoratore non può svolgere nessuna attività lavorativa. Ai fini pensionistici è possibile riscattare i periodi di congedo.

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