Quando è meglio investire i sudati risparmi in buoni fruttiferi postali o in BTP

capitale

In alcuni ambiti sportivi gli allenatori sono soliti recitare un mantra. Primo obiettivo, non perdere; secondo, provare a vincere il game. Il discorso non cambia per il risparmiatore in questo autunno 2022.

L’inflazione alle stelle si mangia molto potere d’acquisto rendendolo di fatto più povero. È come spendere una somma di denaro per non comprare nulla: una perdita, appunto. Dall’altro va detto che il mercato non manca di discrete occasioni di investimento. Si tratta di capire a cosa si mira e in quali tempi, nel pieno rispetto della propria propensione al rischio. Poi è tempo di agire, considerato che il carovita non chiede il permesso per svolgere la sua funzione di erosione dei risparmi.

Vediamo allora quando è meglio investire i sudati risparmi in buoni fruttiferi oppure nei titoli di Stato.

I punti di forza dei prodotti di investimento di Stato

In entrambi i casi il capitale è garantito dallo Stato. I buoni non prevedono costi di sottoscrizione, gestione e rimborso finale, tranne gli oneri di natura fiscale. Sui titoli troviamo invece le commissioni all’intermediario. Detta in termini di costi, quindi, i primi sono relativamente più economici rispetto ai secondi.

In tema di tassazione non vi sono differenze di sorta. Le due famiglie di prodotti godono della ritenuta fiscale agevolata al 12,50% e sono esenti da imposta di successione.

In entrambi i casi il capitale è liquidabile anche prima della scadenza, con modalità differenti. Nel caso dei buoni la controparte è Poste. Il montante netto finale comprende il valore nominale del buono più gli interessi delle sole finestre temporali maturate. Nel caso dei titoli la vendita avviene sul MOT, il Mercato Telematico delle Obbligazioni. In tal modo il risparmiatore può conseguire tanto un extra guadagno quanto una perdita in conto capitale. Ossia un capitale maggiore o minore rispetto a quello sottoscritto e pari alla differenza tra il proprio prezzo di acquisto e quello di vendita.

Si intuisce allora che per il risparmiatore che punta alla certezza integrale del capitale anche prima della scadenza i BFP sarebbero da preferire ai titoli.

In generale quando è meglio investire i sudati risparmi in buoni fruttiferi rispetto a BOT e BTP?

I BTP staccano l’interesse ogni 6 mesi per tutto il periodo di maturazione, mentre i prodotti emessi da CDP il guadagno arriva tutto alla fine. Cioè al rimborso del buono si ottiene capitale e interessi. Pertanto chi mira a conseguire una rendita periodica dovrebbe prediligere i primi ai secondi.

Passando ai rendimenti, oggi gli strumenti emessi dal Tesoro sono mediamente più remunerativi (a parità di durata) rispetto a quelli della scuderia CDP.

Quanto alla durata, infine, buoni e BTP sono abbastanza plastici nelle soluzioni. Si parte infatti dalle brevi scadenze per arrivare alle medie, alle lunghe e, nel solo caso dei titoli, anche alle lunghissime. Quale scegliere? Tutto dipende da caso a caso. Tuttavia, il recente rialzo dei rendimenti ha reso appetibili le brevi e medie scadenze senza esporsi agli eccessivi rischi delle lunghe durate. Un discorso che vale soprattutto per gli strumenti di risparmio del Tesoro.

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