Quali sono le tasse reali che paga un imprenditore? E’ una domanda di non semplice risposta, perché dipende da un sacco di variabili. Variabili che sono dovute alla farraginosità del nostro Fisco. Ed al tipo di imprenditore a cui si fa riferimento. Per questo, in questo caso specifico, ci concentreremo su un solo tipo di imprenditoria. Vale a dire quella individuale. Che è anche tra le maggiori presenti sul territorio italiano. Quindi, siete pronti a scoprire quali siano le tasse reali che paga un imprenditore individuale? Continuate a leggere.
Le attuali condizioni del mondo del lavoro italiano non favoriscono certo i giovani. Che faticano a trovare un qualsivoglia posto, spesso. Per questo, molti provano a fare da soli. E quindi aprono partita IVA e mettono su una ditta individuale. Specifichiamo subito che l’apertura di una partita IVA è gratuita, se si fa da soli. Non lo è se ci si affida ad un commercialista. Dal quale, comunque, si dovrà andare per tenere conto di tutti i pagamenti a cui si andrà incontro. Perché anche una ditta individuale ne ha parecchi. Affidandosi al commercialista per l’apertura di una ditta individuale, il novello imprenditore dovrà pagare in media 150 euro. Più il costo annuale di tenuta delle pratiche. E quello varia a seconda del professionista scelto.
Quali sono le tasse reali che paga un imprenditore?
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Se si fa da soli ci sono solo due costi base. I diritti di segreteria (18 Euro) e l’imposta di bollo (17.50 Euro). Poi bisogna comunque iscrivere l’impresa individuale in Camera di Commercio. Costo tra i 250 e 300 euro. E qui ci sono i diritti annuali. Che variano da 50 a 100 euro a seconda della propria localizzazione geografica.
E veniamo alle tasse vere e proprie. Che, ricordiamolo, saranno pagate a giugno in base ai redditi percepiti. Si parte con l’IRPEF. Cioè l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Questa varia parecchio in base al reddito. Si parte da un 23% per i redditi fino a 15000 Euro. Da 15001 Euro fino a 28000 Euro si paga il 27%. Da 28001 Euro fino a 55000 Euro si paga il 38%. Infine, da 55000 Euro a 75000 Euro si paga il 41%. Oltre i 75000 Euro si paga il 43%. C’è poi l’IRAP, cioè l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Essa è determinata dalla base imponibile per l’aliquota vigente nella regione dove si lavora. Ed arriviamo all’IVA. Oggi ancora al 22%, ma che ha minacciato di arrivare anche fino al 25% (pericolo per ora scongiurato).
E poi?
Non è finita qui, naturalmente. Perché ci sarebbe anche l’IRES. Cioè l’Imposta sui Redditi delle Società. Fortunatamente non da pagare per le ditte individuali. Una cosa molto importante, per un giovane imprenditore, è che la sua quota di tasse può essere inferiore anche a quanto accennato finora. E come? Perché ci sono diverse tipologie di partite IVA. Ed alcune di queste sono quelle agevolate o forfettarie. Che consentono un grande risparmio sulle tasse. Ovviamente a fronte di un fatturato annuo non superiore a cifre determinate. Tali fatturati sono 30 mila euro annui per professionisti, artigiani, imprese e ambulanti. 40 mila euro annui per ambulanti di prodotti alimentari e bevande. 50 mila euro annui per alberghi, ristoranti e commercianti. In tutti questi casi si paga solo il 15% del reddito percepito.
L’ultima cosa importante da tenere a mente per un giovane novello imprenditore è la previdenza. Già, perché aprendo partita IVA una ditta individuale deve tener conto di un ulteriore costo che sarà tenuto a versare annualmente. La previdenza, appunto. I contributi da versare annualmente all’INPS variano. E dipendono dal reddito e dal tipo di ditta individuale aperta. Ma devono comunque essere tenuti in considerazione. E molte professioni hanno Casse di riferimento per i propri ordini (medici, avvocati, notai, ecc.). Per coloro che non sono iscritti a un Ordine professionale, si dovrà far riferimento all’INPS. E, nella quasi totalità dei casi, alla sua gestione separata.