Durante il lockdown molte aziende italiane e Pubbliche Amministrazioni hanno dovuto adattarsi alle regole dello smart working. Da quel momento, nonostante l’allentamento delle misure anti-Covid, si è continuato ad adottare il modello del lavoro agile. Esso, infatti, risulta vantaggioso sotto un duplice piano: comporta meno costi per l’azienda e consente al lavoratore di gestire il lavoro in maniera più confacente alle sue esigenze familiari. Sicché, ancora oggi, si tende a prolungare e a garantire questa forma di lavoro, soprattutto in presenza di determinate condizioni. Non a caso, recentemente, grazie ad un emendamento al Decreto Aiuti bis, lo smart working verrà prorogato fino a fine anno. Ciò a partire dal 1° settembre. I destinatari della misura sono i lavoratori fragili e i genitori con figli under 14.
Regole sul lavoro da remoto a partire dal 1° settembre
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Fino all’odierno intervento da parte del Decreto Aiuti bis, come convertito, ci si rifaceva alla normativa originaria sullo smart working. Essa prevedeva la necessità di un accordo individuale tra azienda e lavoratore, anche quando tale possibilità fosse prevista a livello aziendale. Dal primo settembre, grazie all’intervento normativo citato, indipendentemente da tutto, sarà possibile per migliaia di italiani avvalersi del lavoro agile. Ciò grazie alla proroga dello smart working dal 1° settembre fino al prossimo 31 dicembre 2022. Come indicato, i lavoratori che ne potranno usufruirne sono i lavoratori fragili e i genitori con figli con meno di 14 anni. Ma vediamo come accadrà per gli altri lavoratori, cioè se essi potranno e in che termini avvalersi dello smart working.
Proroga dello smart working dal 1° settembre per quali lavoratori, fino a quando
Per tutti gli altri lavoratori sarà necessario il classico accordo individuale tra il datore di lavoro e il dipendente. Il tutto, come previsto dal Decreto Semplificazioni. Inoltre, il datore dovrà comunicare gli estremi dei dipendenti che lavorano in modalità agile. Nel Decreto ministeriale è anche contenuto l’allegato con il modulo per la trasmissione dei relativi dati. Nonostante gli sforzi, però, l’Italia continua ad utilizzare questa formula di lavoro meno degli altri Stati europei. Infatti, secondo l’ISTAT, nel nostro Paese la percentuale di smart working resta ferma al 13%, rispetto alla media europea attestata sul 20%. Inoltre l’Italia è in svantaggio anche per quanto riguarda lo smart working intensivo. Si tratta di quell’attività svolta da remoto per almeno metà dell’orario di lavoro. Insomma, la formula dello smart working è dura ad affermarsi nel nostro Paese, ma si intravedono passi in avanti in favore dello stesso.
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