Produzione industriale italiana in lieve risalita, ma davvero l’economia di guerra farà da stimolo? La povertà strutturale è dietro l’angolo

Produzione industriale italiana in lieve risalita a gennaio, ma davvero l'economia di guerra farà da stimolo? La povertà strutturale è dietro l'angolo

Un’accelerazione della produzione non sembra imminente: è ciò che emerge dal report stilato da Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING.

La riconversione delle fabbriche di auto e componentistica in veicoli militari e munizioni sta diventando ormai concreta, ma non è detto che si tratti della strategia ideale per rimettere in piedi l’economia dei Paesi UE. A confermare la preoccupazione circa la strada intrapresa dall’Europarlamento con l’introduzione del ReArm Europe c’è l’opinione di numerosi esperti, ma anche il sentiment comune. C’è poi il report di Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING, che ci illustra un quadro molto chiaro di come stia andando l’industria italiana e quali sono le prospettive a breve-medio termine.

Il piano di riarmo avrà davvero un impatto positivo sulla produzione industriale italiana?

Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING

Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING

A gennaio la produzione industriale italiana recupera il terreno perso a dicembre”, è così che inizia l’analisi della situazione attuale effettuata da Pizzoli, che prosegue con una panoramica sui possibili scenari futuri.

Al netto della volatilità di breve periodo, la produzione sembra stabilizzarsi, con uno spazio limitato per accelerazioni a breve termine. Più in là, la spesa militare in Europa e la spesa infrastrutturale in Germania dovrebbero fungere da stimolo, ma i tempi sono incerti.

Crescita piatta al netto della volatilità di dicembre e gennaio

Dopo un sorprendente calo mensile del 3,1% a dicembre, la produzione industriale italiana ha recuperato completamente il terreno perduto a gennaio con un rimbalzo mensile del 3,2%, facendo meglio del consenso. La volatilità così elevata della misura destagionalizzata ha a che fare con la distribuzione dei giorni lavorativi nei due mesi. Confrontando il periodo novembre-gennaio con il trimestre precedente, abbiamo una crescita piatta, un quadro più credibile dello stato effettivo delle condizioni industriali. La fase di debolezza del settore manifatturiero non è ancora finita, ma si sta stabilizzando.

Sostanziali conferme dal dettaglio settoriale

Il dato corretto per i giorni lavorativi ha registrato una contrazione dello 0,6% su base annua, con i beni intermedi, di investimento ed energetici tutti in territorio negativo e la produzione di beni di consumo in modesta espansione grazie alla componente dei beni durevoli. Non ci sono grandi novità dal punto di vista settoriale, con il settore farmaceutico in solida crescita (+21,7% su base annua) e i mezzi di trasporto (-13,1%) e il tessile (-12,3%) in forte contrazione.

Un’accelerazione della produzione non sembra imminente…

Un’accelerazione della produzione non sembra imminente...

Un’accelerazione della produzione non sembra imminente… afferma Paolo Pizzoli

In prospettiva, ci sono timidi segnali di miglioramento. A febbraio la fiducia delle imprese manifatturiere è aumentata marginalmente e l’indice PMI del manifatturiero è salito a 47,4, ancora in territorio di contrazione, la velocità di calo più contenuta degli ultimi cinque mesi. Gli indicatori del portafoglio ordini sono migliorati marginalmente a febbraio, soprattutto nella componente estera. Riteniamo che ciò sia accaduto come anticipazione della domanda di importazioni in vista dei dazi piuttosto che un miglioramento sostenibile della domanda. Le indagini segnalano anche un timido calo delle scorte di prodotti finiti su base annua; troppo poco però per poter parlare di un imminente inizio di un ciclo di ricostituzione delle scorte.

…ma potrebbe materializzarsi successivamente con l’eventuale implementazione dei piani di aumento della spesa militare e di quello tedesco sugli investimenti infrastrutturali.

Se il quadro a breve termine è di stabilità, a lungo termine sia il piano europeo di riarmo che quello tedesco di spesa infrastrutturale avranno probabilmente un impatto positivo sull’industria italiana. Anche se il senso di urgenza potrebbe accorciare i tempi delle loro approvazioni, probabilmente ci vorrà del tempo prima che gli investimenti conseguenti si manifestino in modo significativo nei numeri della produzione italiana. Si intravvede dunque un po’ di luce alla fine del tunnel.

Le parole di Lagarde e von der Leyen non sono propriamente rassicuranti…

Le parole di Lagarde non sono propriamente rassicuranti...

Lagarde ammette scenari difficilmente prevedibili

Di contro e a completamento alle osservazioni di cui sopra, c’è da aggiungere che alcuni esperti non sono molto fiduciosi: sottolineano che potrebbero verificarsi scenari ben più oscuri, da non sottovalutare. Se l’Italia entrasse davvero in un’economia di guerra, sarebbe il comparto energetico a soffrirne maggiormente, riversandosi su cittadini e imprese. Il sistema economico-sociale italiano soffre di una criticità strutturale nel reperire ciò che non riesce a produrre, energia in primis, che ad oggi costa quasi il quintuplo in più rispetto al periodo pre-pandemico. C’è chi ipotizza che si potrebbe andare incontro a razionamenti di gas, scarsità di carburante e gasolio che potrebbero anche innescare una carenza alimentare.

L’inflazione potrebbe risalire alle stelle, come ha lasciato intendere anche Christine Lagarde, ammettendo che “Gli shock sono meno prevedibili“. In Europa “le nostre aspettative negli ultimi anni sono state praticamente spazzate via, e in particolare nelle ultime settimane. Le certezze che erano consolidate sull’ordine internazionale sono state sconvolte”. E conclude, durante il suo intervento alla conferenza The Ecb and its Watchers: “Abbiamo assistito a decisioni politiche che solo pochi mesi fa sarebbero state impensabili“.

Nel mentre, la Presidente della Commissione Europea, annuncia con entusiasmo l’avvio del piano ReArm Europe, enfatizzandone i risvolti positivi.

 

Trasformeremo i risparmi privati in investimenti necessari

Lo ha dichiarato in un post su X Ursula von der Leyen, innescando forti preoccupazioni circa la possibilità di “prestiti di guerra” se non addirittura prelievi forzosi dai conti correnti. Tra le altre ipotesi, l’emissione di obbligazioni ad alto rendimento – solo apparentemente convenienti – come già successo durante il Primo Conflitto Mondiale, o incentivi/sgravi fiscali verso chi investe in società del comparto Difesa. Uno scenario che potrebbe aggravare la povertà strutturale già in atto in tutta l’Unione.

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