La riforma delle pensioni del Governo Meloni potrebbe stravolgere il sistema previdenziale cambiando di colpo le regole di pensionamento per i cittadini. Le pensioni potrebbero arrivare molto prima, anche se flessibili e quindi lasciando discreta libertà di manovra ai lavoratori. Appare naturale che parlando di flessibilità si parla di un fattore che lascia la scelta di quando e come uscire dal lavoro, al diretto interessato, cioè al lavoratore. Ma scelta significa che di fronte il lavoratore ha due vie ed inevitabilmente in contrasto tra loro. Da una parte la pensione prima del previsto ed a più giovane età. Dall’altra la pensione più povera come assegno. Non c’è alternativa a questo, nemmeno con le pensioni a 61 anni di cui si parla adesso.
Prenderà oltre 400 euro in meno di pensione colui che sfrutterà le nuove uscite a 61 anni
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Uscire dal lavoro a 61 anni potrebbe essere una seria opportunità dal 2023. Se il Governo inserirà le novità nella Legge di Bilancio questa cosa diverrà realtà nel 2023. Altrimenti si posticiperà di qualche mese o si rimanderà tutto al 2024. Fatto sta che 61 anni di età è il limite individuato dal nuovo esecutivo per correggere il sistema previdenziale. Assegno anticipato quindi con nuove misure pensionistiche più favorevoli. O con la Quota 41 a 61 anni di età, o con la flessibilità a partire sempre da questa soglia anagrafica, i lavoratori potrebbero trovare canali di pensionamento anticipati. Ma il vantaggio sarebbe solo in termini di età di uscita. Perché sull’assegno previdenziale, anche se non ci saranno ricalcoli contributivi e tagli lineari di assegno, cioè anche senza penalizzazioni, si prenderà di meno.
Quanto si perde a 61 anni rispetto a 67 con la pensione
A 61 anni il coefficiente che trasforma ciò che si è versato come contributi in pensione, è più basso rispetto ai 62 anni e via via lo è sempre di più fino a 67 anni. Ma è più alto rispetto ai 60 anni per esempio. Il meccanismo è chiaro, perché prima si esce dal lavoro meno valgono i contributi come assegno pensionistico. Significa una pensione più bassa e di parecchio rispetto all’età per la pensione di vecchiaia ordinaria, cioè 67 anni.
Per esempio con un montante contributivo da 500.000 euro, tipico di chi ha da 39 a 41 anni di contributi (soglie non casuali ma che sono quelle della Quota 41 o della nuova Quota 100 per i 61enni), perderà oltre 400 euro di pensione al mese. Sarebbe pari a 23.195 euro all’anno la pensione di chi esce a 61 anni con un montante contributivo di 500.000 euro. Sarebbero 1.784 euro al mese di pensione. A 67 anni lo stesso pensionato a parità di montante prenderebbe 27.875 euro annui di assegno. Circa 2.144 euro al mese di pensione. Sarebbero 360 euro al mese in meno, a cui aggiungere i contributi in meno versati da 61 a 67 anni restando a lavorare. E si arriva così a prendere oltre 400 euro in meno.