Prenderà meno di 400 euro al mese il pensionato che esce con 20 anni di contributi e uno stipendio medio di 1.000 euro al mese 

pensione

Le regole di calcolo della pensione, i coefficienti e l’aliquota sono alla base delle risicate pensioni che gli italiani percepiscono normalmente. Le pensioni troppo basse sono purtroppo una costante nel sistema previdenziale italiano. Una questione questa che anche la politica mira a risolvere insieme ai sindacati. Perché nella riforma delle pensioni, o per lo meno, nei discorsi su una ipotetica riforma del sistema, si parla tanto di pensione di garanzia. Significa portare le pensioni minime ad un importo predefinito e, soprattutto, dignitoso rispetto ad oggi. Per capire meglio il perché è noto che le pensioni siano di importo troppo basso in Italia, occorre produrre qualche esempio pratico senza tecnicismi particolari.

Come si arriva al rateo mensile

Stabilire a priori quando prenderà di pensione il lavoratore medio è un esercizio azzardato. Infatti l’importo delle pensione è determinato da numerosi fattori, il più delle volte imprevedibili e particolareggiati da lavoratore a lavoratore. Nel sistema retributivo le pensioni venivano liquidate in percentuale ed in base alle ultime buste paga dei lavoratori, cioè in base allo stipendio. Nel sistema contributivo invece la pensione è calcolata sul montante dei contributi. Una specie di grande salvadanaio dove il lavoratore lascia una parte dello stipendio (il 33% come da aliquota prevista dall’INPS), mese dopo mese.

I soldi che finiscono in questo calderone, ogni anno vengono rivalutati al tasso dell’inflazione, anche in questo caso, un dato imprevedibile e variabile. Il totale dei contributi versati è passato per dei coefficienti di trasformazione che sono tanto più favorevoli al pensionato quanto più elevata è l’età di pensionamento. La pensione annua spettante altro non è che il montante contributivo moltiplicato per il coefficiente di trasformazione. E come vedremo, prenderà meno di 400 euro al mese il pensionato che centra la pensione di vecchiaia a 67 anni di età con il minimo contributivo e una carriera con salario costante.  Nel 2022 i coefficienti di trasformazione sono, in base all’età di pensionamento:

  • 57 anni il 4,186%;
  • 58 anni il 4,289%;
  • 59 anni il 4,399%:
  • 60 anni il 4,515%;
  • 61 anni il 4,639%;
  • 62 anni il 4,770%;
  • 63 anni il 4,910%;
  • 64 anni il 5,060%;
  • 65 anni il 5,220%;
  • 66 anni il 5,391%;
  • 67 anni il 5,575%.

Prenderà meno di 400 euro al mese il pensionato che esce con 20 anni di contributi e uno stipendio medio di 1.000 euro al mese

Un lavoratore che ha avuto una carriera costante di 20 anni di contributi, con stipendio di 1.000 euro al mese praticamente fisso, non andrà oltre i 400 euro come pensione anche uscendo a 67 anni di età e centrando la quiescenza di vecchiaia. Un lavoratore di questo tipo, avrà uno stipendio complessivo su cui calcolare la contribuzione, di 260.000 euro (1.000 euro al mese per 13 mesi per 20 anni).

Il 33% di aliquota significa un montante (ipotizzando però per assurdo,  inflazione zero per 20 anni) pari a 85.800 euro. Si tratta dell’ammontare dei contributi versati nella carriera. Passando il montante per il coefficiente 5,575% applicabile a chi esce a 67 anni, ecco una pensione annua di 4.783 euro, cioè 368 euro per 13 mesi. Su cui naturalmente, se spettanti in base a redditi e altro, occorre aggiungere le maggiorazioni.

Approfondimento

Andrà in pensione a 62 anni nel 2022 chi presenta questa domanda all’INPS

Consigliati per te