I possessori della carta ricaricabile Postepay devono in prima battuta diffidare di un eventuale messaggio di posta elettronica. I conti correnti degli utenti di Postepay possono diventare facile preda di malfattori che tentano di reperire informazioni e dati sensibili. Di solito, si tratta di una truffa telematica perpetrata attraverso mail false con cui si allerta l’attenzione dell’utente. Nel messaggio viene resa nota la rilevazione di errori nei servizi online da parte di Poste Italiane, ma in realtà si mente sull’identità del mittente. La mail truffaldina invita l’utente a cliccare su un link per la riattivazione dell’account e per scongiurare il furto di informazioni personali.
Il link incriminato
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La truffa di Postepay non rappresenta certo una novità. Ciò che preoccupa è la ciclicità con cui la stessa si ripresenta e il gran numero di utenti che riesce a gabbare. Di fatto, per evitare di cadere nella trappola telematica tesa è sufficiente ignorare il link, ovvero l’invito ad aprire un ulteriore canale di comunicazione. In caso contrario, seguendo alla lettera le richieste formulate dalla falsa mail si finisce con il fornire dati personali e codici di ingresso al proprio conto. Si presta così il fianco ad un rischio notevole: non poche le vittime che hanno subito manomissioni e furto di denaro. I responsabili delle truffe spediscono milioni di mail, gettando quanti più ami nel mare magnum della rete e sperando in un esito positivo.
Come riconoscere i messaggi truffaldini
I rilievi effettuati dalla Guardia di Finanza hanno fornito informazioni relative ai Paesi di provenienza di questi messaggi fasulli. I malfattori operano per lo più dai Paesi dell’Europa orientale o dal continente africano e si caratterizzano per l’uso di un italiano assai incerto. Inoltre è sufficiente cliccare sul mittente per accorgersi che lo stesso non coincide con le Poste italiane e che non vi sono loghi ad identificarlo. Il contenuto del messaggio è assai povero di informazioni, non riporta eventuali indicazioni di notifiche, ma richiede l’inserimento dei dati personali. A destare il primo sospetto interviene già la dicitura “reclami”, perché in caso di effettivo disservizio perché mai Poste italiane scriverebbe di reclami?
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