Uno stile di vita corretto non risiede solo nell’alimentazione o nell’astinenza da fumo e alcol. Molti, infatti, sottovalutano l’importanza della qualità del sonno e dell’impatto che questo ha sulla nostra salute. È ampiamente riconosciuto che i disturbi del sonno siano strettamente correlati a numerosi problemi, e viceversa. Ne può essere causa ed effetto lo stress , comunemente noto per essere un triste mietitore. Infatti, non solo colesterolo e trigliceridi ma questo killer silenzioso aumenta il rischio di infarto e ictus.
Numerose sono le persone che devono fare i conti con il cattivo riposo che, tuttavia, non solo è dannoso ma potrebbe rivelare di più.
Pochi sanno che questo fenomeno dice che il Parkinson potrebbe arrivare entro 2 anni
Indice dei contenuti
Uno studio promosso dall’Università di Genova, ha tentato di trovare connessione tra il sonno agitato e il morbo di Parkinson. In particolare, in presenza di uno specifico disturbo: la Rbd (Rem Behaviour Disorder). Pochi sanno che questo fenomeno dice che il Parkinson potrebbe arrivare entro 2 anni. Questo, è un disturbo che incide sulla fase Rem, il momento in cui il sonno e i sogni sono più intensi. Dato lo stato di sonno profondo, generalmente, quando siamo in questa fase siamo soggetti ad atonìa (totale rilassamento muscolare). Chi, invece, soffre di questo disturbo tende ad urlare, compie scatti improvvisi, scalcia, vivendo fin troppo vividamente quello che sta sognando. L’incidenza della Rdb era stata già associata al rischio di patologie neurodegenerative come la demenza di Lewy e il Parkinson, senza però saperli prevedere.
Rischio quasi 6 volte più alto
I 300 pazienti sottoposti al test, provenivano da tutto il Mondo ma tutti erano affetti da Rdb. Nei 3 anni in cui è stato svolto l’esperimento, lo studio dimostra che questo tipo di disturbo aumenta il rischio di Parkinson di quasi sei volte due anni dopo la diagnosi. Le probabilità aumentano ulteriormente in chi ha particolari compromissioni del sistema nervoso, visibili ad esami specifici (Spect), e nei soggetti sopra i 70 anni. Questo, è legato alle compromissioni che la Rdb apporta a specifiche aree del cervello e alterazione cognitiva. Una stima sul tempo di decorrenza della malattia, tuttavia, mette nelle condizioni di poter intervenire in modo tempestivo con farmaci neuro protettivi. Infatti, se avviato nei tempi giusti, il trattamento terapeutico potrebbe portare ad effetti auspicabilmente più efficaci.
Approfondimento