Tra i diritti più importanti del lavoratore dipendente c’è quello di avere dei giorni di malattia. Dei giorni, cioè, in cui non deve recarsi in ufficio ma viene comunque pagato perché affetto da qualche patologia. L’INPS spiega che eroga l’indennità di malattia ai lavoratori quando siano affetti da un evento morboso. Questo determina la loro incapacità temporanea all’impiego, inteso quale mansione specifica.
Il dipendente in malattia ha l’obbligo di comunicare questo suo stato sia all’INPS che al proprio responsabile. Non presentarsi in ufficio senza comunicare la situazione di malattia costituisce illecito disciplinare. L’INPS e il datore di lavoro potranno disporre delle visite fiscali per accertare lo stato di malattia del dipendente. In questo articolo abbiamo visto se è legittimo che il principale disponga più visite fiscali anche lo stesso giorno. Oppure, invece, costituisca una forma di mobbing.
Non c’è divieto assoluto
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In ogni caso, in realtà, pochi sanno che è possibile lavorare in malattia. Della questione si è occupata la Cassazione con la sentenza 13063 del 2022. Comunemente, infatti, si ritiene che non sia possibile essere occupati in malattia e che, se lo si fa, si può essere licenziati per giusta causa. In realtà, la questione è più complessa e proprio la Cassazione si è occupata del problema.
I giudici hanno spiegato che non esiste un divieto assoluto per il dipendente di prestare una diversa attività lavorativa, anche in favore di terzi, quando in malattia. Non esiste, cioè, una legge o una norma che vieti questo comportamento. Dunque, svolgere una diversa attività in malattia non costituisce inadempimento o violazione del contratto di lavoro. Infatti, spiegano i giudici che il concetto di malattia rilevante deve essere sempre guardato nell’ottica della mansione che il dipendente deve svolgere.
Pochi sanno che è possibile lavorare in malattia senza incappare nel licenziamento e nelle sanzioni del datore conoscendo questa regola
È possibile, cioè, che un certo stato patologico renda impossibile al lavoratore svolgere i suoi compiti ordinari, ma gli lascia le energie sufficienti per affrontare un incarico diverso. La Cassazione spiega che questo comportamento non è, però, sempre possibile. Infatti, se l’attività lavorativa svolta è tale da dimostrare che in realtà lo stato di malattia non esiste, oppure l’attività stessa è tale da ritardare la guarigione, allora il dipendente sta violando il contratto di subordinazione. E il licenziamento e le sanzioni del datore di lavoro sono legittimi.
Lo svolgimento di un’attività retribuita diversa in malattia è, cioè, possibile solo quando sia compatibile con lo stato di malattia e non rallenti la guarigione del lavoratore. I giudici spiegano anche che la prova dell’incompatibilità dello stato di malattia con l’attività intrapresa dal dipendente deve darla il datore di lavoro. Quest’ultimo non può, cioè, semplicemente licenziare il suo collaboratore perché svolge delle mansioni in stato di malattia. Deve, invece, provare che le mansioni svolte in malattia e lo stato di malattia stesso siano incompatibili o ne ritardino la guarigione.
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