Perché non conviene lavorare ma andare in pensione dopo i 42 anni e 10 mesi di contributi se si ricade nel sistema retributivo?

pensione

Molto spesso si pensa, erroneamente, che lavorando di più si avrà una pensione maggiore. Molti lavoratori, proprio per questo, continuano a lavorare anche dopo aver versato i 42 anni e 10 mesi di contributi necessari per la pensione anticipata. Non sapendo che, in alcuni casi, quegli anni di lavoro in più non solo non servono a nulla, ma non sono neanche convenienti. Sottolineiamo, fin da subito, che non per tutti i lavoratori è così. Solo in alcuni casi, infatti, nella determinazione dell’assegno viene effettuato un doppio calcolo. E, ovviamente, viene applicato quello meno conveniente per il lavoratore. Ma questo accade solo per chi ha almeno 18 anni di contributi versati prima del 1 gennaio 1996. Ovvero, per chi ricade nel calcolo retributivo fino al 2011.

Il meccanismo perverso del doppio calcolo

Perché non conviene lavorare ma andare in pensione dopo aver raggiunto la massima contribuzione a chi ha almeno 18 anni di contributi versati al 1996? Quegli anni di lavoro in più non solo non aumenteranno la pensione, ma risulteranno anche meno convenienti. Per i minori anni di assegno mensile previdenziale ricevuto. Cerchiamo di capire come funziona questo perverso meccanismo.

Come se la materia previdenziale non fosse complicata già di suo, per alcune pensioni neanche il calcolo dell’assegno spettante segue una via lineare. Da sempre si continua a ripetere che il calcolo contributivo è meno conveniente di quello retributivo. Ma non sempre è così e l’INPS lo sa. Nel sistema retributivo esisteva un muro invalicabile rappresentato dai 40 anni di contribuzione. Oltre tale limite gli anni di contributi in più versati non venivano conteggiati nel calcolo dell’assegno spettante. 

Nel sistema contributivo, invece, questo limite non esiste ed il lavoratore, volendo, può versare anche 45 o 50 anni di contributi. Ed in questo sistema più alta è l’età e maggiore è il coefficiente applicato nella trasformazione dei contributi versati in pensione. E proprio questo produce l’effetto che l’INPS mai avrebbe voluto: la pensione contributiva più alta di quella retributiva. E qui nasce il sistema del doppio calcolo, per non dare al pensionato più di quello che avrebbe potuto avere con il sistema retributivo.

Perché non conviene lavorare ma andare in pensione dopo i 42 anni e 10 mesi di contributi se si ricade nel sistema retributivo

La previdenza italiana ha introdotto il sistema contributivo proprio con lo scopo di tagliare la spesa pubblica per le pensioni. E non sia mai, quindi, che un lavoratore ottenga una pensione contributiva più alta di quella che sarebbe spettata nel retributivo. Ecco, quindi, che nasce l’idea del doppio calcolo.

Per chi, quindi, ha almeno 18 anni di contributi versati al 1996 l’INPS nel determinare la pensione esegue un doppio calcolo:

  • uno con il sistema misto;
  • uno integralmente con il sistema retributivo allargandolo anche ai periodi versati dopo il 2011 (che dovrebbero essere, per legge, conteggiati con il contributivo).

Se il calcolo misto risulta di importo più alto l’INPS eroga al lavoratore la pensione calcolata con il sistema retributivo integrale. Proprio per questo motivo per chi si trova in questa situazione continuare a lavorare dopo il raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi non conviene.

Consigliati per te