Il sistema pensionistico italiano ha due grandi problematiche note a tutti e che molti vorrebbero risolvere. La prima riguarda i pesanti requisiti di accesso che si basano sulla riforma Fornero. La seconda invece riguarda la carenza di flessibilità. Infatti non esistono misure aperte a tutti che consentono di poter scegliere quando lasciare il lavoro. Tutte le misure pensionistiche oggi in vigore sono limitate a determinate categorie di soggetti o con requisiti nettamente stringenti. Ma probabilmente dal 2023 si cambia. Infatti è allo studio una riforma basata su una misura flessibile che permetta a tutti di accedere alla pensione a partire dai 64 anni.
Per molti nati fino al 1959 la pensione potrebbe arrivare prima e con solo 20 anni di contributi
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Uscire dal lavoro già oggi con 64 anni di età è possibile. E sono due le misure che lo permettono. La prima è la nuova Quota 102. Una misura questa che permette l’uscita una volta arrivati a 38 anni di contributi ed una volta compiuti almeno 64 anni di età. I 38 anni di contributi sono il paletto più pensate di questa misura, che ne riduce drasticamente la portata. Non tutti possono vantare carriere così lunghe e durature di lavoro. Soprattutto alla luce del fatto che di questi 38 anni, ben 35 devono essere al netto di quelli figurativi da disoccupazione e malattia.
L’altra possibilità invece, si chiama pensione anticipata contributiva. Una misura che non ha nel requisito contributo un ostacolo arduo, dato che bastano 20 anni di contributi. In questo caso l’ostacolo sono gli altri requisiti previsti. Servono almeno 20 anni di contributi, almeno 64 anni di età, ma solo con carriera iniziata dopo la fine del 1995. Inoltre serve che la pensione sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale, che per il 2022 è pari a 468,10 euro al mese per tredici mesi. Significa che per poter uscire con questa combinazione, la pensione deve essere pari ad almeno 1.310,68 euro al mese.
La riforma guarda ai 64 anni
Prima la pandemia e adesso la guerra in Ucraina hanno bloccato la macchina operativa della riforma delle pensioni. Gli incontri tra Governo e sindacati sono stati posticipati a data da destinarsi visto che le priorità adesso sono altre. Ma la riforma per il 2023 sembra indirizzata verso la flessibilità pensionistica dai 64 anni con 20 di contributi.
In pratica, si pensa di estendere a tutti, e quindi ai nati fino al 1959 (che nel 2023 avranno i 64 anni di età necessari), la pensione anticipata oggi destinata ai contributivi. E si pensa di abbassare il limite di importo della pensione a 1,5 volte l’assegno sociale, cioè circa 702 euro al mese. Per molti nati fino al 1959 la pensione potrebbe arrivare prima.
L’unica cosa da verificare è l’eventuale imposizione di penalizzazioni di assegno. Infatti si parla di un taglio del 2,5-3% al mese per ogni anno di anticipo. In pratica, come pegno da pagare per una pensione a 64 anni rispetto ad una a 67 anni, i lavoratori dovrebbero accettare un taglio fino al 9% sull’assegno. Una ipotesi questa che sembra maggiormente possibile rispetto all’applicazione del calcolo contributivo in stile Opzione donna.