Sicuramente una delle esperienze più drammatiche per un contribuente è il pignoramento. Che sia dello stipendio piuttosto che della pensione, o magari del conto corrente in banca, il pignoramento è la soluzione finale di un debito inevaso che si protrae da troppo tempo. Parliamo del pignoramento presso terzi. Cioè del creditore che, grazie al Giudice, intima ad un soggetto terzo (datore di lavoro, banca, Poste Italiane o Fondo di Previdenza), di trattenere per suo conto i soldi di un debitore a soddisfazione del suo credito.
Un pignoramento può sopraggiungere da parte di un creditore privato ma anche da parte dello Stato. Non è raro infatti che sia l’Agenzia delle Entrate ad usare questo meccanismo come alternativa al fermo amministrativo delle auto, in presenza di cartelle esattoriali non pagate dal contribuente. Adesso che è ormai entrata in funzione la grande sanatoria delle cartelle esattoriali del Governo Meloni, bisogna capire come fare per evitare di incorrere in questo pesante provvedimento. O come fare per cancellarlo se è stato già imposto dal creditore.
Per le cartelle esattoriali vedrà pignorati i soldi sul conto corrente il contribuente che non completa le procedure
Indice dei contenuti
Uno dei provvedimenti più importanti della tregua fiscale del Governo Meloni è la rottamazione delle cartelle. Le domande vanno presentate entro il 30 aprile, con la procedura telematica prevista dall’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima risponderà al contribuente entro giugno. In caso di accettazione della domanda, dal mese di luglio il contribuente deve iniziare a pagare. In unica soluzione entro il 31 luglio 2023, o in massimo 18 rate trimestrali, la cui prima in scadenza sempre il 31 luglio e l’ultima teoricamente il 30 novembre 2027.
E se il contribuente ha già un pignoramento del conto corrente in corso? Come successo con le vecchie rottamazioni, anche per la nuova la presentazione dell’istanza di definizione agevolata non blocca la procedura. Infatti il pignoramento anche dopo la presentazione della domanda di definizione agevolata, prosegue. Naturalmente nel caso in cui i soldi pignorati siano pari all’intero debito originario, i soldi in eccedenza versati saranno restituiti al contribuente. In altri termini, tornano indietro le differenze tra debito originario e debito post rottamazione (sconto su sanzioni, interessi e aggi).
Cosa fare
Naturalmente è altrettanto vero che la presentazione della domanda di rottamazione, impedisce nei confronti del contribuente, l’avvio di nuovi pignoramenti. Il pignoramento del conto corrente altro non è che quella procedura che di fatto blocca lo strumento di cui è titolare il contribuente indebitato. Questo fino alla soddisfazione del credito vantato dal soggetto che ha avviato la procedura. Prendendo ad esempio l’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il pignoramento si materializza decorsi i canonici 60 giorni dalla notifica della cartella e quindi dall’intimazione al pagamento verso il debitore.
Infatti prima che dal conto corrente “vengano sottratti” i soldi relativi al debito, il conto viene semplicemente congelato. Tutti gli importi che soddisfano la pretesa del creditore, vengono messi da parte dalla banca, in attesa che arrivi la relativa ordinanza da parte del Giudice.
Per evitare questo, il debitore dovrà pagare il debito. Oppure convertire il pignoramento con una somma da versare al creditore (magari con una specie di saldo e stralcio). Naturalmente si tratta di una strada da percorrere prima che arrivi la già citata ordinanza del Giudice. In ogni caso, anche il creditore deve “collaborare”, accettando una via alternativa al pignoramento, o procedendo, dopo aver ottenuto ciò che avanzava, a segnalare alla banca la sua soddisfazione. Passaggio necessario questo per permettere al debitore di tornare ad utilizzare il proprio conto corrente. Una soluzione atta ad evitare che un contribuente per le cartelle esattoriali vedrà pignorati i soldi sul conto corrente.