Mentre la riforma pensioni inizia a pendere corpo tra pensione flessibile e pensione a 61 anni con un tocco di Quota 41 per tutti, si deve tenere sempre d’occhio il costo di tutto. Perché le pensioni anticipate, per lo Stato, sono comunque un costo e vanno limitate. Per questo motivo se fino a qualche decennio fa andare in pensione era molto più semplice, ora è sempre più difficile. E andarci prima ha un costo che sempre di più viene fatto ricader sull’assegno spettante, come nel caso di Opzione donna. La misura permette un corposo anticipo ma prevede anche una grossa penalizzazione. In questo modo, nel lungo periodo, le casse dello Stato non ci rimettono. Per chi ritarda la pensione un super Bonus che incentiva a restare al lavoro potrebbe essere la soluzione.
Penalizzare l’assegno non basta
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Ci sono molti meccanismi che, già oggi, dovrebbero scoraggiare chiunque dall’accedere alla pensione anticipata. Anche se non sono previste penalizzazioni dalla misura che si sceglie, ogni anno di anticipo ha un costo ben preciso sulla pensione che si andrà a prendere.
La quota contributiva della pensione, infatti, è calcolata applicando dei coefficienti di trasformazione che si alzano al crescere dell’età. E che tanto più si accede giovani, tanto più sono sconvenienti perché penalizzano il calcolo dell’importo spettante.
Ma questo non ha mai scoraggiato nessuno dall’andare in pensione prima. L’Italia è il Paese delle corse al pensionamento. E dopo l’entrata in vigore della Legge Fornero questa ansia di pensionarsi è più che giustificata.
Per chi ritarda la pensione un super Bonus ch incentiva a restare in servizio
E allora si cerca di puntare su altro. Il lavoratore ha fretta di andare in pensione? Spingiamolo a scegliere di rimandare. Il Tesoro, infatti, starebbe lavorando su incentivi da riconoscere a chi decide di ritardare il pensionamento. E lo fa pensando ad aumenti in busta paga che potrebbero toccare anche il 10% dello stipendio.
L’incentivo spetterebbe al lavoratore che, pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento decidesse di restare in servizio. Continuando a lavorare sia il dipendente che il datore di lavoro smettono di versare contributi. E si smetterebbe di alimentare la futura pensione. Ed i vantaggi sarebbero sia per il dipendente che per il datore di lavoro.
Vantaggi si, ma a rimetterci è la pensione
Il dipendente potrebbe giovare di parte di quei contributi non versati che gli entrerebbero in busta paga. E questo gli porterebbe un aumento dello stipendio di circa il 10%. Per il datore di lavoro, che non deve più versare contributi, il vantaggio sarebbe nel minor costo lordo del lavoro del dipendente.
Ma nel momento in cui il lavoratore decidesse di andare in pensione lo farebbe con gli anni di contributi versati al momenti in cui ha scelto l’opzione di restare in servizio. E anche in questo caso a guadagnarci è anche lo Stato che non vedrebbe alimentarsi una pensione già di diritto maturata.