Lo sviluppo del coronavirus non ha certamente agevolato la scomparsa o quanto meno la diminuzione di disagi psicologici. Ansia ed attacchi di panico si presentano, invece, come quel male moderno che accompagna le nostre vite a causa delle continue pressioni di una società frenetica dalla stabilità economica vacillante. I dati parlano chiaro, il disagio mentale si diffonde a macchia d’olio, velocizzato dal timore di nuovi contagi da Covid-19 e dalla precarietà del lavoro. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i disturbi depressivi colpiscono oltre 300 milioni di persone nel mondo.
Secondo l’Istituto Nazionale di StatisticaEuropean Health Interview Survey-EHIS, sono poco più di 2,8 milioni i soggetti che soffrono di crisi d’ansia di tipo depressivo e quasi il 5,6% della popolazione ha un’età inferiore ai 15 anni. Si abbassa, dunque, la soglia delle “vittime sociali”.
Un quadro che non può essere ignorato dalle Istituzioni ed è per questo motivo che si è sempre più vicini ad un riconoscimento nazionale di ansia e attacchi di panico come patologie che danno diritto all’invalidità, in quanto palesemente invalidanti.
Per ansia e attacchi di panico, viene riconosciuta l’invalidità? Ecco le ultime importanti novità
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Sembra in dirittura d’arrivo la proposta avanzata dal vicepresidente dei senatori di Forza Italia, Massimo Mallegni. Secondo gli esperti, in Italia, sono vittime di attacchi di panico circa 33% delle persone di età compresa fra 18 e 25 anni. A soffrirne maggiormente le donne. Da questi dati la proposta di Mallegni che vuole portare avanti la battaglia di chi è vittima di patologie apparentemente superflue.
Da sottolineare che per la depressione, patologia più diffusa a livello mondiale, è riconosciuto ad oggi, seppur con molti vincoli, il diritto ai benefici della legge 104. Attribuita dall’INPS, infatti, una diversa percentuale di invalidità. Tale somma oscilla tra il 50% e 80% per coloro che soffrono di disturbi depressivi, se certificati da un’apposita commissione medica.
Tuttavia, ora il Governo è chiamato a riflettere sul futuro dei pazienti che presentano livelli di patologia meno gravi ma ugualmente invalidanti.
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