Presto le pensioni torneranno ad essere al centro dell’interesse dell’opinione pubblica. C’è da scommetterci visto che presto i partiti politici si scontreranno in una nuova campagna elettorale. A settembre è stata già convocata la nuova tornata elettorale per le elezioni politiche. Si cambia Governo e le pensioni potrebbero essere determinanti nell’appeal dei programmi elettorali verso l’elettorato. Tra pensioni minime, Quota 41 per tutti e misure meno rigide di quelle imposte dalla Legge Fornero, lo scenario previdenziale potrebbe arricchirsi di nuove misure e nuove proposte. Alcune di queste hanno già fatto capolino e sembrano molto interessanti.
Pensioni con flessibilità selettiva la nuova ipotesi 2023
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Quando si parla di pensioni parlare di flessibilità non è certo una novità. In materia previdenziale flessibilità significa lasciare al lavoratore la facoltà di scegliere, partendo da una determinata età anagrafica, quando lasciare il lavoro. È quella formula che consente ad ogni singolo lavoratore la libera scelta sul come e quando andare via dal proprio posto di lavoro. Un lavoratore grazie alla flessibilità, potrebbe trovare utile lasciare il lavoro ad una determinata età rispetto ad un collega che magari punta a restare più a lungo in servizio. È stata Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, e tra le più probabili candidate Premier del futuro Governo, a riportare al centro dell’attenzione la flessibilità del sistema previdenziale.
Flessibilità pensioni ma solo per alcune categorie di lavoratori
Uno dei cavalli di battaglia dei sindacati sulle pensioni è stata sempre la flessibilità in uscita. Secondo i sindacati il sistema necessita di una flessibilità che dovrebbe partire dai 62 anni di età per tutti e con solo 20 anni di contributi versati. Due limiti piuttosto bassi che difficilmente il sistema previdenziale può permettersi visto l’elevato costo che una misura del genere imporrebbe alle casse dello Stato. Secondo Giorgia Meloni però una soluzione ci sarebbe, e si dovrebbe partire da una flessibilità per così dire selettiva. Non potendo varare una misura che apra a tutti tale facoltà per le evidenti ragioni di spesa pubblica prima citate, imporre alcuni vincoli potrebbe essere la soluzione.
Aprire la flessibilità per quanti hanno lavori saltuari e poco continui potrebbe funzionare. Infatti uno dei problemi maggiori del sistema previdenziale deriva da un altro sistema parallelo alle pensioni che è quello del lavoro. Stentando a trovare occupazioni stabili e durature i lavoratori oggi hanno a che fare con precariato, disoccupazione e lavoro intermittente. Fattori che sono sicuramente penalizzanti per chi cerca carriera e contribuzione per raggiungere le misure previdenziali oggi vigenti.
Lavori gravosi
Il principio delle pensioni con flessibilità selettiva quindi inizia a prendere piede. La flessibilità in uscita quindi dovrebbe essere garantita a quelle persone che non trovano continuità nel lavoro. Di fatto concedendo uscite di maggior favore a chi non riesce ad avere carriere lunghe o durature. Un’altra scrematura della platea dei lavoratori a cui concedere le uscite flessibili riguarderebbe come al solito chi svolge mansioni gravose. Nulla di nuovo, perché differenziare le uscite dal lavoro in base all’attività svolta è argomento ormai datato. Per esempio Quota 41 e APE sociale sono già due misure che hanno nei lavori gravosi una parte di quelle categorie ammesse all’uscita anticipata.
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