Spesso confusi tra loro ma argomenti differenti. Sono la pensione minima e l’assegno sociale. Due istituti dell’INPS che hanno in comune solo il punto di vista assistenziale, perché per il resto sono cose nettamente differenti. E molte sfaccettature di queste misure sono poco note ai più. Resta il fatto che conoscendo bene la materia, gli interessati possono riuscire ad ottenere il massimo previsto da entrambe le misure.
Pensione minima sociale 2022 a 523,83 euro al mese, ecco come arrivarci
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L’assegno sociale è la principale misura assistenziale prevista dall’INPS. E viene erogata a persone che raggiungono i 67 anni tipici dell’età pensionabile, ma non hanno contributi a sufficienza per una propria pensione. In pratica l’assegno sociale è una misura che riguarda persone che senza questa prestazione, in base ai redditi detenuti, difficilmente riuscirebbero ad andare avanti. Ecco perché è una misura che non tutti percepiscono, perché non basta avere 67 anni di età ma occorre anche avere redditi personali e con il coniuge entro una determinata soglia. La pensione minima invece è una cosa totalmente diversa. Infatti è quella specie di salvagente che il sistema dal 1983 prevede per le pensioni di importo troppo basso.
Come si calcola l’importo spettante dell’integrazione al trattamento minimo INPS
I pensionati che hanno un assegno di importo troppo basso, a tal punto da mettere in discussione la possibilità di una vita dignitosa, hanno diritto a un trattamento particolare da parte dell’INPS. Questo trattamento si chiama pensione minima. Ogni anno l’INPS, rivalutando le cifre al tasso di inflazione dell’ISTAT, stabilisce la soglia massima di questa integrazione al trattamento minimo delle pensioni. In altri termini si tratta di somme aggiuntive sulla pensione a tal punto da portarla al limite previsto annualmente. La pensione minima sociale 2022 a 523,83 euro per 13 mensilità è figlia dell’incremento di gennaio. È evidente l’aumento dell’integrazione al trattamento minimo che si è avuta da gennaio 2022, perché l’hanno precedentemente il trattamento minimo era pari a 515,58 euro al mese per 13 mesi.
L’integrazione parziale, a chi spetta sulla pensione
Solo per i pensionati che hanno diritto anche alle cosiddette maggiorazioni sociali, l’importo della pensione può salire ancora, arrivando al cosiddetto milione. Infatti con l’incremento al milione di cui tanto si parla, tra trattamento minimo e maggiorazione sociale la pensione minima può arrivare anche a 660,27 euro al mese. La pensione minima può essere applicata alla pensione di vecchiaia, alle anticipate ed ai trattamenti ai superstiti, pensione di reversibilità compresa. Nulla da fare per le pensioni calcolate con il sistema contributivo, cioè per i soggetti che hanno scelto questa opzione o per i cosiddetti contributivi puri.
L’unica eccezione è data dalla pensione in regime contributivo donna, meglio conosciuta come Opzione donna. Per avere diritto all’integrazione al trattamento minimo occorre che il reddito annuo del pensionato non sia superiore a 6.809,79 euro. Per i coniugati invece il tetto sale a 26.810,16 euro annui. Le cifre prima citate riguardano l’integrazione totale. Per chi ha redditi più alti di queste soglie, ed entro 13.619,58 euro da single, il diritto al trattamento minimo è parziale. In pratica un pensionato che ha 300 euro di pensione mensile ed un reddito pari a 12.000 euro, ha diritto all’integrazione parziale. Come integrazione avrà diritto a 1.619,58 euro annui, cioè 124,58 euro al mese da aggiungere ai 300 euro iniziali portando la pensione a 424,58 euro.
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