La riforma pensioni è arrivata ormai ad uno stallo. Le priorità del Governo tra pandemia e guerra in Ucraina sono ben altre in questo momento. E la flessibilità in uscita, che avrebbe dovuto vedere la luce entro aprile, sembra ancora molto lontana. Ma il Governo ci sta lavorando. O almeno ci sta pensando. E insieme alla possibilità di lasciare il lavoro prima, si sta riflettendo anche sulla condizione economica degli italiani. Soprattutto di quelli che non arrivano a fine mese per colpa di pensioni troppo basse con l’introduzione di una pensione minima di 650 euro.
La pensione minima non basta più
Fare i conti con il carovita, in questo ultimo periodo, sicuramente non è facile per nessuno. Men che meno per chi vive con poco più di 500 euro di pensione. Si pensi, poi, a chi ha una pensione che ai 500 euro proprio non ci arriva, come gli ex agricoltori che percepiscono assegni bassissimi.
Proprio per questo, da più parti si pensa a una riforma che non lasci nell’indigenza migliaia e migliaia di pensionati. Visto che il 44% dei pensionati oggi vive in stato di povertà. Per questo si vede la necessità di rivedere l’assegno minimo erogato per fare in modo di tutelare tutti i cittadini. E non solo quelli che in pensione ci devono ancora andare.
Pensione minima di 650 euro mensili per coprire il minimo vitale, questa la proposta per la riforma allo studio
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A oggi per le pensioni più basse è prevista l’integrazione al trattamento minimo. Gli assegni che hanno un importo più basso di 524,35 euro mensili vengono integrati dallo Stato a questa cifra, che dovrebbe rappresentare il minimo vitale per la sussistenza. Ma evidentemente non ci si era fatti bene i conti poiché tra aumenti di bollette e generi alimentari sicuramente questo minimo non basta più. O almeno non basta per scaldarsi, cucinare, lavarsi e mangiare. Si deve rinunciare a qualcosa per arrivare a fine mese con poco meno di 525 euro.
Proprio per questo, alla vigilia della riforma pensioni, l’ANP-CIA della Puglia presenta una proposta che porti un progressivo aumento del minimo erogato. Dagli attuali 525 euro a 650 euro per non lasciare in povertà i pensionati più sfortunati. Attenzione però. A oggi l’integrazione al trattamento minimo è riconosciuta solo a coloro che hanno una pensione calcolata con il sistema misto. Non rientrano nel diritto i pensionati che ricadono interamente nel sistema contributivo e anche questa stortura andrebbe sanata.
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