Per accedere a qualsiasi tipo di pensionamento sono necessari almeno 20 anni di contributi. La stessa pensione di vecchiaia, infatti, richiede questo numero minimo di anni di versamento. Solo per chi è in possesso di contributi versati esclusivamente dopo il 1996, infatti, è possibile la pensione con almeno 5 anni di contributi. Ma si tratta di una delle misure contributive, riservate, appunto, solo a chi ha contributi maturati esclusivamente nel sistema contributivo. La pensione minima con 15 anni di contributi è sempre meno utile per il pensionamento. Perché quasi più nessuno la può usare.
Quali misure la consentono?
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A prevedere la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con soli 15 anni di contributi sono 3 deroghe previste dalla Legge Amato del 1992. Ma una possibilità la offre anche un’opzione prevista dalla Legge Dini del 1995. Si tratta, però, delle cosiddette pensioni quindicenni che, a causa di requisiti troppo vecchi e antiquati non possono essere utili quasi più a nessuno. Descriviamole e vediamo il perché.
Iniziamo dall’opzione Dini: essa richiede di possedere:
- almeno 15 anni totali di contributi versati;
- almeno 5 anni di contributi versati dal 1996;
- meno di 18 anni di contributi versati prima del 1996;
- contribuzione presente al 31 dicembre 1995.
Ma quello che spesso non viene preso in considerazione è che l’opzione, per permettere il pensionamento con 15 anni di contributi, richiede un altro requisito. Che sia stato maturato il diritto alla pensione con le regole pre Fornero entro il 31 dicembre 2011. Ovvero che i 15 anni di contributi siano stati versati proprio entro il 2011. E che, quindi, il lavoratore negli ultimi 11 anni non abbia lavorato e versato contribuzione. In tutti gli altri casi, pur esercitando l’opzione Dini (con requisiti sopra descritti) per il pensionamento servono almeno 20 anni di contributi.
Pensione minima con 15 anni di contributi a 67 anni sempre meno accessibile per questo motivo
Le possibilità offerte dalla Legge Amato non sono meno obsolete. La prima deroga, infatti, permette il pensionamento con 15 anni di contributi a chi ha versato tutti i propri contributi entro il 31 dicembre 1992. Questo significa che è rivolta a persone che almeno da 30 anni non lavorano in attesa di compiere i 67 anni. Poco probabile visto il costo della vita sempre più alto. Potrebbe cogliere giusto qualche donna che, dopo la nascita dei figli ha deciso di svolgere solo lavoro di cura familiare.
La seconda deroga prevede l’accesso a chi ha ottenuto l’autorizzazione al versamento dei contributi volontari entro la fine del 1992. Stesso discorso: ci si rivolge a chi entro il 1992 (30 anni fa) pensava di non lavorare più e di proseguire con il versamento volontario.
La terza deroga, invece, non fissando limiti temporali è quella che, magari, resta più utilizzabile anche oggi. Richiede, infatti, che il primo versamento sia almeno 25 anni prima della pensione. E che per almeno 10 anni i contributi versati non coprano l’intera annualità (meno di 52 settimane). Rimane accessibile, quindi, da precari e stagionali e da chi non ha un lavoro stabile e duraturo.
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