Quando vado in pensione nel 2023 per i contributivi puri ha una risposta in una misura appositamente per loro dedicata a partire dai 64 anni. Infatti esiste la pensione anticipata contributiva che manda in pensione a 64 anni nel 2023 coloro i quali hanno iniziato a lavorare dopo il 1995. Chi non ha contributi nel sistema retributivo (la riforma Dini introdusse il metodo contributivo nel 1996), per il settore pensionistico viene definito un contributivo puro. E per loro l’accesso alle pensioni è vantaggioso e penalizzante insieme.
Vantaggi come età per determinate misure, ma svantaggi dal punto di vista dei requisiti di accesso alle pensioni. Svantaggi che però riguardano poco l’importo della pensione, o almeno, non incidono come molti pensano sul rateo di pensione. E questo discorso può essere esteso anche ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, se anche a loro venissero concessi i vantaggi di questa uscita nel 2023.
Pensione in anticipo di 3 anni con piccolissimo taglio nel 2023
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In pensione 3 anni prima è una facoltà che parte dalla normativa vigente a chi è privo di contributi antecedenti il 1996. Oltre ad aver completato 64 anni di età il lavoratore deve avere pure 20 anni di contributi ed una pensione di almeno 1.310 euro al mese. Difficile da completare una pensione del genere, ma la misura gode di appeal perché si tratta pur sempre di uscire dal lavoro 3 anni prima. Una possibilità che a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, anche se per poco, non viene ancora concessa.
Una delle soluzioni di riforma del sistema previdenziale però potrebbe stravolgere tutto. Infatti qualcuno considera assolutamente fattibile e di facile inserimento nel sistema, l’estensione di questa misura anche a chi non è propriamente un contributivo puro. Basterebbe infatti chiedere al lavoratore di accettare le regole del sistema contributivo, cioè di farsi calcolare l’assegno con il metodo che tutti sanno essere penalizzante. Ma la penalizzazione di assegno pare un rischio elevato per i lavoratori per via di quello che succede alle lavoratrici che escono con opzione donna perdendo anche il 30% o più di pensione.
Il taglio non sarebbe insostenibile per i lavoratori
Un paragone tra una ipotetica pensione per tutti a 64 anni con calcolo contributivo della pensione e opzione donna non può essere fatto. Uscire dal lavoro a 58 anni di età è quello che consente opzione donna. Inoltre la pensione con 35 anni di contributi è quello che opzione donna impone come requisito assicurativo. In pratica, con opzione donna la combinazione è 58+35, mentre con l’anticipata contributiva è 64+20.
Il calcolo della penalizzazione sulla pensione a 64 anni
La pensione in anticipo di 3 anni con piccolissimo taglio nel 2023 potrebbe essere sostenibile sia per i conti pubblici che per il lavoratore. Netta la differenza con opzione donna. Perché chi ha 35 anni di contributi è naturale che abbia una buona dote di contributi prima del 1996. Ed è su questi contributi che il calcolo contributivo al posto del retributivo provoca il pesante taglio di pensione. Inoltre a 64 anni il coefficiente di trasformazione dei contributi in pensione è nettamente migliore di quello a 58 anni imposto alle lavoratrici. Su 20 anni di contributi e 64 anni di età il lavoratore, anche in presenza di periodi retributivi, subirebbe solo un piccolo taglio di assegno.
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